DRONING MAUD  "Non abbiamo fatto niente"
   (2023 )

Ritornano i Droning Maud, dopo 6 anni di silenzio dall'ultimo lavoro “Beautiful mistakes”, con un album cantato in italiano: “Non abbiamo fatto niente”. Siamo nel post-rock, ma i bpm evitano di andare troppo lenti: le canzoni stanno più o meno tra l'andante e il moderato.

Cantano in italiano, ma i testi sono da leggere, per essere completamente afferrati; un po' perché sono sensazioni non grammaticalmente organizzate, e un po' perché la pronuncia è sfuggente. Mi ero segnato “Così è l'aspettazione umana cividanna”, e invece era: “Così è l'aspettazione, amara c'inganna”. Oppure “Schiene e mani tuoi, fauci e carne scura, dubbi di pianura”, e invece era: “Schiene e magri buoi, fauci e carne scura, lupi di pianura”. Forse è una scelta stilistica, come quella dei Verdena (o forse non ci sento più bene io eh...), restiamo comunque nell'ambito del dialogo interiore; inoltre, uno dei temi dichiarati del disco, è l'incapacità di comunicazione.

La band proviene dalla Valle Del Salto, nel reatino, e la prima canzone dell'album si intitola “Appennini”. È chiaro che si sono ispirati a ciò che li circonda, e ce lo riportano in suoni. Ecco le parole che emergono: “È difficile lasciar sorridere / e non è colpa mia / e non è colpa tua / Quando tutto torna a galla tranne te / e non è colpa mia / e non è colpa tua / Se tu fossi veramente la menzogna / mai come prima alla deriva”. La musica è principalmente strumentale (e molto suggestiva), le parole sono cucite sopra.

“Pandora” vede ospite Proia, artista dirimpettaio (abruzzese). Anche qui è interessante riportare un estratto del testo: “Fiamme vergini / cenere e scintille / le ricorderai / promesse di avvenire / Il male scalderà / le prime verità / intorno ai fuochi accesi / vecchiaia e libertà / sepolte dalle onde / antiche di remote / cacce ardite / e fughe grigie e risalite”. Anche gli enjambement sono un ostacolo in più alla lettura, quindi è evidente la volontà di non farsi capire al primo colpo, di ricercare una maggiore attenzione, e/o concentrarsi sulle emozioni suscitate.

Il freddo appenninico si trasmette nelle “gelide parole” di “Lontano dagli sguardi”, mentre “Passi frettolosi di uomini grigi annunciano un altro mattino”. Carino il videoclip del singolo “Sincero”, girato tra le botti, mentre la voce canta: “Del tempo che passa / mi piace chi resta / poco più in giù / dolore che dura / fermarsi in un luogo / restare a guardare / men certo di sé / senz'altra mistura”. Altra sorpresa è “Benny Carter”, brano scritto in collaborazione con il rapper GE World. Rap sopra il post-rock è una prova ardita, ma funziona: “La folla è come satana, balla nei matrimoni / Per questo non mi trovi nelle tue celebrazioni / Una vita nell'Ade a formulare maledizioni / Nomino Pasolini ma tra ricchi accattoni”.

“Orbite” contiene una fase strumentale misteriosa, che alterna un riff melodico di chitarra con dei suoni tintinnanti onirici. “Fiamme in una stanza, Buio mai / Cose che non reggono alla prova / Si spostano seguendo la mia età / Castelli in aria comoda dimora / Dove sarei senza la gravità?”. Tra i tanti enigmi, chissà quale band islandese si nasconderà nel titolo “RosSigur”?

Gli ultimi due brani arrivano all'apice della suggestione sonora e testuale, “Triviale” e la titletrack, che è completamente strumentale. L'introduzione di “Triviale” è fatta da un glockenspiel e una confusa voce infantile; quando il brano sale d'intensità, ci sono imprevisti tempi dispari. “Mandar via / In una parola / Tutta la magia / Sopra un muro bianco / 'Parto alle sei…' / Dice cosa intera / Implica l’idea / È miseria estrema / Non pensarci più (...)”.

“Non abbiamo fatto niente” ma abbiamo incuriosito tanto. Fa venir voglia di andare a visitare la Valle del Salto e gli Appennini circostanti, per capire in prima persona cos'abbia scaturito questa musica così elusiva. (Gilberto Ongaro)