BELLUJNO  "Bellujno"
   (2024 )

“Bellujno” è il nome d'arte di Luca Impellizzeri, nonché il titolo del suo album d'esordio come cantautore solista (prodotto dal grande Cesare Basile), dopo l'esperienza folk-soul nella band Da Black Jezus. L'artista siciliano mostra forti legami con il Nord Africa, espresso sia in alcuni punti dei testi, che soprattutto nella presenza di alcuni strumenti tipici, come lo ngoni.

Il suo stile personale mescola influenze desert blues con tinte più western, e questo fa incontrare il suddetto ngoni col banjo e una chitarra elettrica spesso riverberata, come nel country sui generis del singolo “The wound and the fury”. Questi due stili infine convogliano in un'elettronica sperimentale, che fa da collante costante, fin dall'iniziale brano in spoken word “Protobeginning”, dove si accenna alla violenza delle forze dell'ordine, paventando uno stato di polizia: in questo brano introduttivo, sono presenti rumori sintetici e disturbi di segnale.

L'intenzione è certamente quella di essere spigoloso e poco accomodante, e questo è evidenziato dal modo di cantare, non solo graffiato ma spesso inacidito, ricordando alla lontana Tom Waits. In “Hey, Warmonger!”, che significa “Ehi, guerrafondaio!”, Bellujno canta: “My word is free, my word has wings, my word stings like a bee”. Punge come un'ape. Il guerrafondaio predica disciplina, ma non ha la sfera di cristallo, e si nasconde dietro ad un muro. Se questi discorsi contro la guerra dovessero suonare “vecchi” (ma ormai è evidente che, purtroppo, non invecchiano mai), la risposta a questa perplessità arriva in anticipo, con “Obsolete dreamer”, dove Bellujno promette di porgere la mano ai sognatori rimasti senza speranza.

Ma per il resto, le parole sono più ruvide, tra fruste che mordono la carne e labbra che sputano vipere, come in “Greetings form Lynchburg”: “Their lips are spittin' vipers (…) The whip is bitin' flesh”. Tra questi versi, non manca un sarcastico “Welcome to democracy”, individuando nuovi tipi di schiavitù.

Si passa a un momento più lussurioso con “She wore black velvet”, dove il nostro viene descritto come “rinnegato” (“renegade”) da una donna che si presenta come demoniaca ma affascinante, col suo “red devil dress”, e i suoi tacchi 12 (“Five-inch heels, men what a tease!”). “Borders” infine volge uno sguardo serio e disincantato alle persone annegate nel Mediterraneo, ma in generale ad un povero vecchio mondo, artigliato da alligatori di terra (“Poor old world, clawed by ground gators”). Sorelle e fratelli, non abbiate confini, conclude la canzone.

La proposta di Bellujno quindi incarna un'esigenza di espressione umanitaria, unita ad una ricerca musicale che si fa “sfidante”, non solo musicalmente, ma soprattutto ai guerrafondai: “I have weapons, too”. Non sarebbe belluino altrimenti! (Gilberto Ongaro)