FAVERAVOLA  "Castrum Zumellarum"
   (2024 )

La seconda metà degli anni Settanta (Novecento), anni inquieti e turbolenti segnati da profonde tensioni sociali e politiche, registrava l’entrata in scena del Punk da un lato e della Dance dall’altro, fenomeni di natura opposta, e speculari alla crisi del Progressive Rock (la cui definizione, ricordiamo è di molto successiva alla sua nascita) che aveva vissuto la sua fase aurea nella prima metà.

Numerosi adepti del “nuovo che avanza” ne annunciavano “la morte” e l’imminente destino museale. Costretti a fare i conti con le nuove tendenze basate su una notevole semplificazione delle architetture musicali finalizzate al consumismo di massa, molti gruppi progressive, anche i più rinomati, chiudevano i battenti o tentavano di adattarsi al ciclone dei laccati anni Ottanta con soluzioni musicali quanto meno discutibili (seppure con delle significative eccezioni, ad es. gli Yes di ''90125'' o i Pink Floyd, per citarne due rappresentative), che lasciavano interdetti, o comunque disorientavano i loro fans.

A scanso di equivoci sottolineiamo che contrariamente a quanto ritengono in molti, il Prog nei primi Ottanta c’era eccome, ma riguardava un filone marginale limitato per lo più all’Inghilterra (Marillion, Twelfth Night, IQ, Pendragon, gli scozzesi Pallas e pochi altri) con scarsissima risonanza mediatica. La qualità e il talento artistico, per fortuna, a differenza delle mode effimere, reggono la prova del tempo ed hanno smentito questi profeti di sventura: con i primi anni Novanta il genere da noi più amato, sovente arricchito dalle contaminazioni del miglior metal, rinasceva come l’Araba Fenice ridestando l’interesse di molti suoi cultori così come delle nuove leve affascinate dal pianeta rock.

L’album dal titolo emblematico, ''Back in the World of Adventures'' dei Flower Kings (1995, Inside Out), rappresentava una significativa testimonianza del ritorno delle componenti immaginifiche ed oniriche, unitamente a quella ricchezza e complessità delle trame musicali e narrative che avevano caratterizzato il Prog delle origini. La situazione in Italia rispecchiava a grandi linee quella anglosassone: band nate nella fase aurea e scioltesi nel periodo di crisi si sono ricomposte a distanza di anni riproponendosi con le formazioni originali o più spesso con nuovi inserimenti grazie alla benemerita azione delle etichette indipendenti. Una di queste formazioni è proprio quella di cui andiamo ad occuparci.

I Faveravola (band veneta di origine settantiana, Giancarlo Nicorelli, tastiere, piano, voce narrante; Adriano Durighetto, basso; Paolo Coltro, batteria; Alessandro Secchi, voce; Consuelo Marcon, Violino; Gianluca Tassi, chitarra elettrica; Relato Bettello, flauto, sax soprano; Flavio Miotto, chitarra acustica, con la partecipazione straordinaria di Bianca Luna, voce¸coro di Sant’Anselmo in Anno Domini DXXV; Direzione artistica e arrangiamenti – con Faveravola di Loris Furlan), nel 2006 avevano esordito con ''La Contea dei Cento Castagni'' targato Lizard Records, etichetta guidata da quel Loris Furlan appena citato, conosciuto e stimato nell’ambiente per la sua lodevole capacità di proporre musica “fuori dal coro” del mainstream unita dal saper stimolare e valorizzare molti artisti rimasti, spesso immeritatamente, in secondo piano.

Se ne ''La Contea dei Cento Castagni'' si potevano già apprezzare i connotati principali di un progressive melodico a tinte vintage di matrice classica intriso di richiami epico-medievali di stampo folk, con ''Castrum Zumellarum'' (articolato in nove episodi relativi alla saga del Castello di Zumelle centrata sulle vicissitudini amorose del cavaliere Murcimiro e Atleta), pur mantenendo l’impronta dell’esordio, la proposta dei Faveravola raggiunge la piena maturità. Atmosfere sognanti e scatti grintosi costruiti su rimiche ad hoc si alternano a rilassate sonorità acustiche (chitarre, violino, piano) impreziosite da un’ottima vocalità in alternanza maschile-femminile, guidandoci in un avventuroso viaggio nel medioevo. Colpisce per suggestività e pathos l'inizio della saga con il brano ''Anno Domini DXXV'' scandita da un organo maestoso che fa da tappeto alla corale di Sant’Anselmo. Soprassiedo sui possibili richiami, classici e contemporanei, individuabili in ogni proposta musicale ma che in questo caso non fanno venire meno la personalità del gruppo veneto.

Sull’onda della rivoluzione digitale e in era di piena espansione della IA generativa (a quando la rottamazione di Homo Sapiens a vantaggio del Cyborg auspicata dal transumanesimo?) sono tornati ad affacciarsi i profeti dell’apocalisse annunciando la fine della più tipica modalità di fruizione del progressive, ovvero di un ascolto “rituale” di qualità basato sui supporti tradizionali che coinvolge tutti i sensi, a vantaggio della nuova fruizione digitale monodimensionale caratterizzata da ascolti fugaci e distratti (che illusione il multitasking!) soggetti all’obsolescenza programmata.

La paradossale attualità della proposta dei Faveravola è un ulteriore prova della vivacità della tradizione progressiva e del suo approccio generale alla musica centrato su una complessità che è stampata nell’animo di chi ama questo genere. Temo quindi che anche stavolta gli apologeti dell’apocalisse digitale siano costretti a ricredersi. E dunque buon viaggio nell’epopea dei cavalieri e dell’amor cortese di ''Castrum Zumellarum''! (MauroProg)