P.F.R. POST FATA RESURGO  "'E capa 'e core 'e stommaco"
   (2025 )

Un duo con trentatré ospiti, questo è l'affollato organico che occupa lo spazio del nuovo album dei Post Fata Resurgio, “'E capa 'e core 'e stommaco”. Testa, cuore e stomaco, tutto deve funzionare insieme, tutto è importante. La filosofia musicale di questo progetto si trasmette attraverso le numerose influenze stilistiche diverse mescolate.

Il filo rosso che collega questo percorso eterogeneo è il rap napoletano di Mauro Marsu. L'album ha una precisa struttura; è aperto da un breve strumentale chiamato “Beta”, un minuto di elettronica con sopra pianoforte, per poi aprire con un brano che richiama il mito della caverna di Platone, “Fore 'a caverna”. Un'introduzione di Hammond ci prepara a uscire dalla famosa caverna dove vediamo solo i simulacri della realtà, le ombre, per fare esperienza del vero personalmente: “Fore 'a caverna, senza padrune, senza catene”.

Dopo queste due tracce di antefatto si parte con la prima fase, formata da quattro canzoni. “'E capa” è un funky con arpeggiatori incentrato sull'iperuranio, cioè il mondo delle idee, perché tutto parte dalla testa, sia da parte di chi ti vuole aiutare a ragionare, sia da chi ti vuole sedurre con una propaganda: “Questo pezzo è con la testa e martella nella testa / chi ti vuole far la festa ti entra sempre nella testa / con la testa si protesta, con la testa testa a testa / il sistema che ci appesta pesta contro la tua testa”. I cromatismi di una fisarmonica ci portano a una canzone più squisitamente napoletana, un allegro 6/8 dove il pianoforte saltellante usa spesso la scala lidia (con la quarta eccedente): “'A capa è na sfoglia e cepolla”. La testa “Ogni tanto supplì, ogni tanto fa chiagnere...”.

Capisco qualcosa ma non tutto, essendo veneto, ma l'ironia e il sarcasmo li afferro tutti. Come se mi sentissero, il brano dopo si chiama “In italiano!”, che inizia con un milanese che si lamenta di non capire le parole. Il rap allora incalza: “Italiani come i gatti sette vite, ogni tanto affetti da congiuntivite (…) prendi il toro dell'ignoranza per le corna (…) esperti di tutto appassionati di niente”. Si chiude questa parte dedicata alla testa con un altro filosofo: “Salutame a Socrate!”. Un ritmo in shuffle accoglie flauto e mandolino, con un arrangiamento brillante. Il ritornello gioca con l'assonanza del poco gentile “Salutame a sorrata” col nome del greco, e verso la fine il saluto viene intonato sul tema del “Va' Pensiero”!

Con altre quattro canzoni, la seconda parte scende nel corpo. “'E stommaco” è un beat elettronico col charlie accelerato da trap, ma anche qui non manca il flauto, e il testo incoraggia ad affrontare la parte più selvatica della personalità: “Cavalca 'sta bestia scura”. Tramite lo stomaco la rabbia esce, e su un ritmo reggae in “Manco ê cane” (ft. Marcello Coleman) si citano Ucraina e Palestina. Un vibrafono apre la “Tammurriata d' 'o precariato”, eseguita con Giovanni Block e il Collettivo Artistico Vesuviano. Anche qui torna la scala lidia, mentre il basso suona in slap. È uno dei brani dove il gusto per la mescolanza si fa più palese. E a fine brano viene recitato l'articolo 4 della Costituzione Italiana, sul diritto al lavoro.

Un glockenspiel avvia l'ultimo pezzo “di stomaco”, “Asterix” dove, se non fraintendo, c'è una critica alle etichette (di matrice liberale) della causa LGBTQ+A e alla scwha (Ə), non tanto per omofobia ma al contrario, perché questa ricerca della propria bandierina non fa altro che frammentare ulteriormente le persone, distraendole dal fatto che “Sono i soldi che hai che fanno la definizione”. Nel ritornello viene cantato sardonicamente tutto l'alfabeto (saltando la J e la W, poverine!). Verso la fine la musicista ricorda che “l'arte è inclusiva per natura, senza paletti”. Questa canzone potrebbe piacere a Yasmina Pani.

Usciti dalla parte scritta di stomaco, entriamo nel terzo capitolo: “'E core” è cantato col coro Paese Mio Bello, con un ritornello bossa nova, per poi tornare nel blues con “'O blues d' 'e cantiere”, uno shuffle rock dedicato alla classe operaia. “Cassarmonica” inizia come una marcetta, con fiati e rullante, e poi parte reggae (o dub), mentre la voce potente di Brunella Selo ci accompagna nel soul di “'A Nutricia”, finendo a vocalizzare in duetto col sax che improvvisa liberamente.

Così si chiudono i tre capitoli centrali, e simmetricamente con l'antefatto, ora ci sono due brani di postfazione: “Arché. Arché. Arché”, pezzo elettronico dove recita Christian Izzo, dove cita gli archetipi, le sapienze antiche, passando per un momento a fare il verso a Giorgia Meloni, ma poi pronunciando anche due versi sulla falsariga di “Qualcuno era comunista” di Giorgio Gaber: “Qualcuno era socratico perché Platone era una brava persona / qualcuno era sofocleo perché Aristotele non era una brava persona”.

Infine, l'ultimo pezzo unisce i tre elementi che trainano l'album: “'E capa 'e core 'e stommaco”, su un rap funk che ci congeda con tanta ricchezza. Ricchezza musicale e di pensiero, i Post Fata Resurgo sono un progetto da sostenere e diffondere. (Gilberto Ongaro)