THE BURNING FLAGS "Pathways"
(2025 )
Il forte impatto di questa punk band di Graz non deve ingannare, perché non è banale. La scelta di suonare aggressivi, al di là di riferimenti ad urgenze giovanili e pur rimanendo nell’ambiente underground, è probabilmente da ricercare nelle esperienze d’ascolto di ogni musicista.
È con questa chiave di lettura che ho cercato di interpretare la seconda fatica dei Burning Flags, ipotizzando che il titolo dell’album suggerisse una sorta di indizio.
Di botto, mi vengono in mente i Green Day di vent’anni fa, taglienti con il loro punk (tanto) pop (poco), quando evidenziavano le loro frustrazioni prendendo di mira i politici al potere negli USA di allora. Ma in ‘Pathways’ c’è sicuramente di più, perché la tendenza della band di Chris Magerl, secondo me, non sembra tendente ad un inesorabile abbandono al pop.
I Burning Flags cercano piuttosto di continuare un percorso alternativo, senza tralasciare un pizzico di attenzione all’impatto, che a tratti strizza l’occhio all’hard rock. Del resto, se lo stile fosse incomprensibile, svierebbe il contenuto delle canzoni. Restano i ritmi forsennati ma trainanti dell’indole punk, le chitarre dai riff duri e taglienti e una voce che grida ora disperata ora arrabbiata, ma a tratti anche riflessiva.
‘Pathways’ è un disco che racconta particolari del mondo visti e vissuti dalla band, ed ogni brano è un... percorso, appunto, un aspetto vissuto da chi ha osservato e tentato di affrontare le difficoltà ed i disagi del vivere quotidiano. Ne è seguito un conseguente disadattamento, tradotto e gridato in dieci canzoni che assomigliano a poetiche... denunce. Viene in mente per esempio ‘Figures In A Diner’, che mostra una forza notevole nell’affrontare il delicato tema dei rapporti interpersonali, specialmente quando diventano estremamente difficili.
Un particolare merito mi sento di darlo ad Alexandra Karner, brava alle tastiere senza prevalere nelle sonorità. Da buon gregario, contribuisce nel tenere alta la tensione creata dal potente suono della band, dimostrando di saper tenere a bada e compattare la struttura musicale delle canzoni nel loro incedere. Per capire ciò, mi ha convinto l’ascolto della magnifica ‘Mistaken’.
In sintesi, ‘Pathways’ è un disco che prende proprio perché è ruvido, diretto, il classico pugno allo stomaco che riesce a trasmettere sensazioni, senza che la band abbia dovuto per questo ricorrere a raffinatezze sonore o testuali. Ma alla fine, vale, come sento dire ogni tanto da qualcuno: sono solo canzoni.
Bravi! (Mauro Furlan)