MIA VITA VIOLENTA  "A matter of perception"
   (2025 )

Fosco, oscuro e minaccioso, “A matter of perception” vede il debutto lungo per Araki Records/Atypeek Music del quartetto parigino Mia Vita Violenta, nato oltre un decennio fa in formazione a tre e già titolare di alcuni significativi ep, all’insegna di un noise-rock sfaccettato e articolato.

Sette tracce per quarantuno minuti compatti ed irruenti segnano il perimetro di un album complesso ed elaborato, al crocevia tra il metal astratto dei Tool, suggestioni prog, divagazioni post-rock, accenti hardcore ed una esplicita vena rumoristica, accentuata dalla frenesia del cantato, capace di oscillare tra estrema aggressività ed oasi di cupa riflessività.

Aprono i quasi nove minuti, cangianti e truci, di “Dysfunction”, sventrati da echi fugaziani e da un incedere nevrotico, sinistro ed incalzante, preludio alle torride contorsioni di “Forward fall”, anch’essa sviluppata in altri nove minuti di soffocante, brutale intensità, conditi da variazioni imprevedibili e da progressioni armoniche non scontate.

Un’elettricità veemente ed impetuosa, sorretta da un drumming pressante, caratterizza questa musica sofferta e martellante, agonizzante a tratti, altrove incline a momenti di ingannevole stasi strumentale (la sibillina aria sospesa di “Zodiacal light”, l’arpeggio allucinato à la Fields of The Nephilim di di “Fade out”), più spesso devota ad un brusco, ragionato caos, come nel torvo crescendo, aspro e spezzato, di “Breathe in”, che il cantato spinto e indocile avvicina ad una versione più spinosa degli ultimi Polvo, o nella ubriacante ferocia che rende gli ennesimi nove minuti di “Detachment city” un prodigio di stordente, incombente virulenza.

Tra inflessioni doom e sporadiche derive psych, movenze suadenti e foga esplosiva, l’impatto d’insieme è decisamente efficace, potente ed inquieto, ammaliante come a volte solo l’imminenza dell’ignoto sa essere. (Manuel Maverna)