PHOMEA "Il sonno delle balene"
(2025 )
Dopo l'escursione tutta in inglese di “Me and My Army” del 2022, disco in cui il protagonista creava un proprio esercito personale, Phomea, alias Fabio Pocci, torna alla lingua italiana dell'esordio di “Annie” (2019, raccontato qui https://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=6881), con la sua scrittura ben attenta a non scivolare nella banalità.
Anche stavolta dodici canzoni, anche stavolta un accostamento eclettico di stili, che cattura l'attenzione trovando soluzioni diverse, e delle frasi lunghe che spesso si spezzano per formare i versi, così per afferrarne il senso bisogna seguire con attenzione lo svilupparsi delle strofe.
“Bagnasciuga” è l'introduzione di un minuto di un synth avvolgente, che apre l'album “Il sonno delle balene”, autoprodotto, proponendolo come una sorta di rifugio, di luogo dove scappare: “Ognuno ha un luogo per fuggire alla marea. C'è sempre un luogo per fuggire alla realtà”.
Il pop rock si avvia con “Un giorno perfetto”, canzone in 4/4 col bridge in 6/8, e le parole iniziano a graffiare nell'identità: “Non sei più vero, lo sei mai stato, così debole da deridere o distruggere le tue poesie di una vita, nel riflesso di un giorno perfetto”.
Una ritmica particolare è quella degli accordi della titletrack, “Il sonno delle balene” contiene dei versi suggestivi: “Lacrimano i lampioni gialli in cerca di un respiro che li faccia sentire vivi per poi tornare a dormire. Siamo rimasti a galla solo un momento, una boccata veloce per poi tornare a dormire”.
Curioso l'inizio di “Odio”: esplode subito come un rock incendiario, ma dopo poco si calma, la chitarra distorta riduce i power chord a una nota sola. Come un fuoco di paglia. Il testo fa pensare a tempi lontani, almeno in Italia (attualissimi altrove invece), gli anni delle contestazioni, dei facinorosi rossi e neri e della maggioranza silenziosa.
Le proteste di oggi suonano smussate: “Poeti che scendono in piazza con falce e martello, una nuova motivazione, il martello è di gomma, la falce è spuntata”. Il ritornello conclude in maniera franca: “L'odio è un lusso che non mi posso permettere, l'odio è un lusso che non mi voglio permettere”. Però quando il ritornello... ritorna, Phomea aggiunge: “Ma tu puoi, sì, tu vuoi”. E allora la canzone si trasforma in punk rock, raddoppiando la velocità della batteria.
Un ritmo veloce terzinato arricchito dal sax caratterizza: “Perché è solo il nome a volte”, e gradualmente l'album si fa sempre più acustico e meno elettrico, fino agli ultimi brani delicati “Muoversi controtempo” e “Castelli di sabbia”.
Nel mezzo, c'è un unico pezzo in inglese, “Stronger”, cantato su un pianoforte cadenzato e con dolcezza, mentre “La vendetta è una valvola perfetta” analizza certe difficoltà nei rapporti di coppia: “Ci vogliamo a volte così male che le nostre attenzioni sembrano fiori, realmente lame affilate dal nostro più profondo sentimento”.
In “Alter ego” la voce canta sempre agitata e spinta all'acuto, per rappresentarsi come grillo parlante fastidioso che Phomea non riesce a far tacere: “Cerco una ragione spirituale per il mio alter ego che, intrepido, continua a farsi avanti. Vorrei star fermo qui a guardare tutto ciò che mi circonda e, zitto, mantenere il mio anonimato indifferente (…) Ma lui non tace, vuole sempre più il mio spazio vitale, ne approfitta per lamentarsi di tutto e tutti e farmi rimanere solo”.
Con “Il sonno delle balene”, Phomea ricorda ancora una volta come si può intraprendere un percorso d'autore senza preclusioni di stile o di atteggiamenti, dando forma a tutte le sue voci interiori, anche se contraddittorie tra di loro.
Non si può ascoltare con leggerezza, o meglio, si può ma ti perdi buona parte del gioco. Tramite il gioco della fuga dalla realtà, rivela quest'ultima senza filtri. (Gilberto Ongaro)