CHRISTER BOTHEN  "L'invisible"
   (2025 )

Il polistrumentista svedese Christer Bothén, giunto alla ragguardevole età di 83 anni, considera la musica “un fottuto mistero”. L'esperienza in Mali nei primi anni '70 lo ha portato a dare importanza fondamentale all'aspetto spirituale e trascendente della musica, l'arte dell'invisibile. Per questo, l'album di cui parliamo qui si chiama “L'invisible”, costituito da due tracce, una di 17 e l'altra di quasi 20 minuti, ed è uscito per la splendida Thanatosis Produktion.

Bothén qui suona il clarinetto basso e “l'inside piano”, cioè il pianoforte... da dentro, toccando direttamente le corde con le dita. Ma oltre a questo, suona anche due strumenti esplorati durante il periodo africano: il donso ngoni e il guimbri. Per “L'invisible”, Bothén suona assieme al vibrafonista e batterista Kjell Nordeson e al contrabbassista Kansan Zetterberg.

Nella prima delle due tracce ci sono vibrafono, contrabbasso e clarinetto, e il trio segue delle coordinate oniriche. Le note del vibrafono spesso sono fatte risuonare col pedale, in modo da avere dei cluster prolungati nel tempo, mentre il contrabbasso sembra essere il protagonista della traccia, sondando l'oscurità. Il clarinetto di Bothén commenta quest'atmosfera improvvisando con approccio istintivo.

Nella seconda traccia, i primi nove minuti circa sono ancora così indugianti; poi Nordeson molla il vibrafono e si lancia nella batteria, costruendo un ritmo agitato, fatto con numerose rullate, sia sul rullante che sui piatti. A due terzi del brano ecco dei suoni strani: sono le corde del pianoforte suonate da Bothén, che assumono un aspetto surreale. Il suono sta a metà tra il clavicembalo e il pianoforte, mentre Zetterberg distorce il suono del contrabbasso, fino a tornare nel finale alla vibrafonica calma iniziale.

“L'Invisible” è un esempio di musica che trascende sé stessa, e porta con sé la lunga esperienza di Christer Bothén, che non si è mosso solo nel jazz ma anche nel rock progressivo, e si sente. (Gilberto Ongaro)