![]()
DOR "The dream in which I die"
(2025 )
Quando i tempi sono duri, i duri imparano a creare.
Ho storpiato una battuta tratta dal film del 1978 ‘Animal House’ giusto per sottolineare l’atteggiamento di chi oggi compone e suona.
Se poi questo impavido si mette in testa che ciò debba diventare anche qualcosa che garantisca una certa stabilità economica, le difficoltà aumentano in modo esponenziale.
Paradossalmente, in momenti come questo, molti musicisti italiani riescono a dare il meglio di sé. Infatti, pur (re)esistendo da un bel po’ di anni, per esempio, all’interno del fenomeno “post rock (se così si può ancora chiamare)”, tra questi tenaci artisti c’è ancora chi riesce a stupire.
Può quindi anche succedere che qualcuno possa emergere, avendo individuato nuovi spazi e aggiungendo così alla “Grande Opera” del rock qualcosa di nuovo.
Giunti al secondo album, i Dor partoriscono un disco potente e freddo nel suo lambire territori folk apocalitici. Sono suoni che mi ricordano band come i norvegesi Thule, nelle loro composizioni più siderali. Oppure, nei momenti più ricorrenti all’elettricità, il (post) rock malinconico dei russi Kauan. Anche gli Ulver dei primi periodi post black metal potrebbero aver contaminato il background di Francesco Fioretti, principale artefice di questo magnifico progetto.
Impressiona il fatto che i Dor ricorrano a sonorità straordinariamente creative, che per comodità descrittiva, definirei jazz noise. Un modo inventato per indirizzare l’ignaro ascoltatore nella storia tormentata di un personaggio che chiameremo “l’altro Pinocchio”, ossia la parte oscura ed occulta del personaggio inventato da Collodi, liberamente ispirata dal libro “Pinocchio: un libro parallelo” di Giorgio Manganelli.
Musicalmente vario, il disco si avvale di musicisti con un pedigree importante, che vale la pena citare: Mario Di Battista, già negli indimenticati Ulan Bator, Alessandro Vagnoni, folle batterista con esperienze nei Bologna Violenta e nei Ronin, ed infine Manuel Coccia al basso. Musicisti noti per la rara capacità non solo di creare melodie ma anche molte musiche non convenzionali, usando strumentazione spesso non prevista dall’immaginario rock.
Parte integrante del progetto la copertina, dove troneggia l’inquietante primo piano del Pinocchio oscuro, che da subito proietta l’ascoltatore nelle turbe narrate e suonate in questo disco. Opera di Alessandro Vagnoni, autore anche delle altre immagini tratte da suoi dipinti e contenute all’interno del booklet.
Un disco notevole. (Mauro Furlan)