METALLICA  "Kill ‘em all"
   (1983 )

Il disco d’esordio dei Metallica ha un’importanza non trascurabile nella storia del metal, ma anche nella storia del punk, essendo esso il punto d’incontro dei due generi. Oscurato forse dagli ingombranti seguiti, sicuramente più famosi, più mitizzati ed in generale ritenuti più importanti, “Kill ‘Em All” non ha mai avuto, almeno per il grande pubblico, una notorietà pari ad altri dischi del gruppo. Ad oggi, la sua bellezza rimane un segreto concesso a pochi, uno scrigno di segreti che solo una stretta minoranza ha potuto scoprire. Ma l’innovazione di questi dieci stordenti brani è a dir poco eclatante. I Metallica nel 1983 prendono la velocità anestetica del punk più sfrenato e la innestano in un tessuto metal ancora più opprimente di quello a cui gli Iron Maiden ci avevano abituati, forgiando un suono che ha poi fatto scuola. Un disco che quindi unisce la carica distruttiva dell’hardcore americano ai ritmi oscuri e ai riff poderosi del metal, dando alla luce lo Speed Metal ed il Thrash Metal e potenziando ulteriormente la formula della musica Heavy. Si stabilisce qui un nuovo primato, difficile trovare un lavoro tanto sfrenato e distruttivo prima di questo. Sicuramente siamo di fronte al disco più grezzo della band; una serie di scariche elettriche senza il minino senso dell’equilibrio e della melodia. Un James Hetfield ancora ventenne grida senza ritegno, spostando il bilanciamento dell’opera più verso l’Hardcore che verso il Metal, fin da sempre caratterizzato da ben più nobili approcci canori. Questo fatto è altrettanto importante, con “Kill ‘Em All” si unisce ancora di più la musica dura ad un’attitudine marcia, maleodorante e violenta. Certamente il titolo non lascia dubbi circa questa tendenza sanguinaria, così come la copertina. L’incipit è ottimo, “Hit The Lights” ci regala uno degli ibridi punk metal più riusciti di sempre. La chitarra esplode granitica, ma lo fa con una velocità hardcore; stesso discorso per il canto sgraziato, uno sfogo isterico, condito di grida ed epilessie nevrasteniche. “Motorbreath” fa anche meglio, con un ritmo più martellante ed un ritornello più secco ed incisivo. La chitarra tagliente detta gli umori, tra riff potenti, intermezzi sfuggenti ed un assolo senza fronzoli. Uno dei brani più belli ed eterni del gruppo. Segue il filone Speed la sanguigna “Whiplash”, che preme sull’acceleratore, toccando vertici estremi. Una carica dirompente che deflagra nichilista e violenta come non mai. Altro buonissimo pezzo è “Phantom Lord”, con un assolo fulminante ed un intermezzo delicato inaspettato ed antesignano di certe magnifiche ballate. Brani come “The Four Horsemen” fanno intuire i futuri sviluppi del suono Metallica. Un brano che, seppur immerso nel contesto sonoro del disco, sa proporre una struttura ben più complessa, che verrà successivamente perfezionata. Sul versante più thrash troviamo “Seek & Destroy” che, oltre ad essere il pezzo più famoso tra i dieci, è quello con il riff più classicamente metal, nonché il più ricordato e caratteristico. “Jump In The Fire” segue le stesse direttive, proponendo un altro memorabile motivo di chitarra. “No Remorse” è forse l’episodio più originale, con il suo stacco inusuale di chitarra. Nel finale “Metal Militia” rinvigorisce il filone Speed già predominante. Altro episodio eccelso. “(Anesthesia) Pulling Teeth” è il momento più sperimentale ed intellettuale; un vortice di suggestioni distorte affidate al basso ormai mitizzato di Cliff Burton. Un brano grandioso, ma difficile da collocare un uno scenario tanto affilato e sfrenato. “Kill ‘Em All” è il disco più importante dei Metallica, ma non il più bello. Se qui troviamo un’originalità ed un’innovazione superiore agli altri, è innegabile che le opere successive abbiano tutt’altro spessore in fase di composizione. Qui ci sono le intuizioni, viene individuata la via, ma starà ai lavori successivi renderla percorribile, spianando le asperità e migliorando la forma. (Fabio Busi)