DEPECHE MODE  "Music for the masses"
   (1987 )

Per molti il capolavoro dei Depeche Mode anni ’80, nemmeno questo fu disco che portò loro una numero uno – d’altra parte Gore e compagni non sono mai arrivati, nemmeno al giorno d’oggi, al primo posto dei singoli in Inghilterra, a prova che il “Nemo propheta etc” non è roba campata per aria. Ma le dieci tracce volano che è un piacere, con il gothic-pop alle massime potenze commerciali e pronto a diventare oggetto di studio e venerazione da parte di decine di band loro cloni, soprattutto nella amata Germania (i Devision e i Camouflage, per primi, metteranno un santino di Gore-Gahan sul loro comodino e ne diventanno copie quasi in carbone, manco fossero gli Audio 2 davanti a Battisti). Eppure all’inizio “Strangelove”, singolo d’esordio di questo disco, sembrò l’ennesima bella canzone incompiuta, in un panorama che era sempre più lontano dalle cupezze e dall’elettronica, in attesa dell’esplosione della house music e nefandezze successive. Ma con la loro nuova immagine, fatta di video in color seppia e stranezze assortite, e la sontuosa “Never let me down again”, avevano fatto il centro ideale: cupi ma tonanti, adatti per tutti coloro sentissero un po’ di disagio adolescenziale (citofonare “Little 15”) ma senza panorami infernali o funerei. Gothic pop corale, se si può definire, che in Inghilterra arrivò a fatica in top 10. Eppure quando gironzolavano per l’America li trattavano come delle divinità dai nuovi eroi della musica campionata, dei “samples” e dei loop rubati. Addirittura “Get the balance right”, oscuro singolo di secondo piano del 1983, era da molti definito un capolavoro apristrada. “Non siamo poi così cialtroni”, disse forse Dave Gahan, iniziando ad atteggiarsi un po’ troppo a rockstar maledetta. Ma gli altoparlanti visualizzati nella copertina di “Music for the masses” irradiavano la loro musica ovunque, ed era difficile continuare a ritenerli una robettina effimera. Anche perché il loro vecchio compagno Vince Clarke continuava a vendere, magari anche più di loro in Britannia con la sigla Erasure, ma non era la stessa cosa. (Enrico Faggiano)