PET SHOP BOYS  "Actually"
   (1987 )

Erano nella loro fase imperiale. Ovvero, tutto quello che facevano finiva senza problemi alcuni in testa alle classifiche, al di qua come al di là dell'oceno. E, davanti al grande problema del secondo album - di solito ostacolo per molte meteore - risposero con una raffica di brani che divenne, quasi completamente, roba che foraggiò le radio per un anno intero. Certo, qualche scarto di fabbrica (si può dire così?) del precedente "Please" era presente, come l'apertura di "One more chance", ma più che di residuo era meglio definirle rivisitazioni, anche perchè il genere prettamente discotecaro iniziale si andava via via mescolando con atmosfere più pop, più di classe. E, a leggerne la track list, è difficile pensare che questo fosse un album a se stante e non un greatest hits: si partiva con "It's a sin", una di quelle cose che sarebbero diventate patrimonio del pop a 360°, per poi andare a ripescare la dimenticata Dusty Springfield per il duetto di "What have I done to deserve this", e via con "Rent", o quella "Heart" dal curioso video (lui sposa lei, la porta in un castello, ma lei gli preferisce Dracula). Accenni alla cultura omosessuale ce n'erano già - la stessa Dusty Springfield, o quel Ian McKellen che impersonava Dracula nel video sopracitato - ma all'epoca nessuno se ne interessava. Ed era difficile defirli roba da un successo e via, se anche Ennio Morricone era entrato nel novero dei collaboratori (per "It couldn't happen here"): roba che con i Picnic at the Whitehouse forse non avrebbe fatto. Ma se anche solo di successo effimero si sarebbe trattato, qui le classifiche dicevano che gli hit-wonder non erano uno o due, ma ben di più. In avversione alle mode dei belli dell'epoca, loro poi con il look sembravano averci poco a che fare, anche se la formazione di cantante davanti e silenzioso tastierista dietro non era del tutto spontanea ma frutto di un po' di lavoro di marketing. D'altra parte, non erano dei bellocci, per cui qualcosa se lo dovevano inventare. Gli bastava: peccato che sembrassero davvero roba facile facile, quando in realtà erano tutt'altro. La robotica "Shopping" non era un invito a spendere e spandere, ad esempio, ma una forte critica al governo Thatcher. Peccato che pochi se ne fossero accorti: loro tiravano dritto, permettendosi anche di non inserire nel disco la cover di "Always on my mind", che l'ennesima numero uno era diventata. (Enrico Faggiano)