ROXETTE  "Don't bore us... get to the chorus!"
   (1995 )

La verità è che loro sono stati dei grandissimi, altro che. Riassunto. Siamo a fine anni '80, quando il pop classico sembrava ormai finito, trafitto al cuore da suoni house, rap, e dal fatto che, insomma, le mode possono anche svanire. E siamo a pochi metri dal burrone che, probabilmente, ha diviso il mondo musicale dell'epoca, ovvero l'arrivo del grunge. Tradotto: di spazio ce n'è poco per della blanda "musica leggera" che voglia soltanto intrattenere, essere radiofonica senza altre pretese. A prova di questo, l'inevitabile estinzione di tutti quegli eroi che avevano fatto la storia degli anni precedenti. In questo panorama, la loro storia sembra quasi un voler risalire salmonescamente le cascate: svedesi, brizzolato lui e bionda (ma non certo Anita Ekberg, sia chiaro) lei. Albano e Romina da Stoccolma, si potrebbe dire, se non fosse che i due non erano partners anche nel camerino. Alternandosi alle voci, e facendo uscire raffiche di singoli come si sarebbe fatto qualche anno prima: una veloce e una lenta, un finto rock e un tirate-fuori-l'accendino. E le cose, stranamente, andarono al massimo, creando quasi una piccola oasi tra chi, sbuffando, non riusciva a farsi colonizzare da Mc Hammer o dai Nirvana. Una serie infinita di canzoni di successo, dal boom nel 1989 di "The look" a "Joyride", ai lentoni "Listen to your heart" (saccheggiata dai Jalisse qualche tempo dopo, ahiloro) e "It must have been love", passando per tanto altro da far davvero pensare, di questa raccolta, che ce n'erano davvero troppe. Certo, roba biodegradabile ma gradevole, oltretutto in una Svezia che in quei giorni si stava dedicando, credeteci o no, all'hip-hop reggae (non ci credete? Citofonate Dr. Alban e Leila K, per informazioni) prima di aprirsi ai multimilionari Ace Of Base. Questa raccolta fu lo spartiacque di una carriera fatta di continui numeri uno prima, e di piccole fatiche dopo, con blandi tentativi solisti, problemi di salute e inevitabile logorio della vita moderna. Ma loro, prima, il "Crash Boom Bang" lo avevano fatto. Giocando in trasferta. (Enrico Faggiano)