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PET SHOP BOYS "Nightlife"
(1999 )
Il tempo stava passando anche per loro, mentre la Britannia si era
offerta anima e corpo ad un britpop che, chiaramente, li aveva lasciati
all'angolo. Certo, con quanto fatto negli anni precedenti potevano
tranquillamente vivere di rendita, ma non era il loro caso. E
"Nightlife" ne era dimostrazione chiara e lampante. Difficile per loro
riuscire nell'impresa di rinnovarsi senza tradire le proprie radici, ma
tra una collaborazione e l'altra il risultato andò nella direzione
voluta da tutti. Si partiva con bpm a palla, sfruttando l'amicizia con
Rollo (Faithless) e alzando il volume delle iniziali "For your own
good" e "Closer to heaven", passando dai titoli chilometrici delle
più rilassate - ma non monotone - "I don't know what you want but I
can't give it anymore" e "You only tell me you love me when you're
drunk", e arrivando ad un capolavoro del kitsch come "New York City
Boy". Ovvero, avendo avuto successo mondiale con una cover dei Village
People ("Go west", 1993), perchè non provare a scrivere un inedito che
sembrasse, papale papale, uscito dai Village People? Missione compiuta,
anche se il successo di classifica - ne uscì anche una versione per il
mercato francese, chiamata ovviamente "Paris City Boy" - venne pagato
con la convinzione che il duo fosse ormai rivolto sempre più verso un
certo tipo di musica gay. Cosa poi confermata dal duetto "In denial",
assieme ad una Kylie Minogue all'epoca non ancora tornata agli
splendori degli anni successivi, e da un musical ("Closer to heaven")
che, in fin dei conti, era l'apoteosi di un certo genere di cultura. Ma
trovarsi ghettizzati dopo 15 anni di facile dominio di classifica,
forse, non era quello che loro meritavano, anche perchè in questo disco,
come sempre, si trovavano i classici cinquanta minuti di svago, relax e
divertimento, a prescindere dalle proprie preferenze sessuali. Forse
avrebbero dovuto insultare qualcuno, come i vicini Oasis, e non darsi al
teatro con piume e pailettes. (Enrico Faggiano)