ENIGMA  "The cross of changes"
   (1993 )

Sgamato. Dopo aver fatto un clamoroso bingo con “Sadeness”, era riuscito a mantenere l’anonimato per un po’, poi la verità era uscita allo scoperto. Dietro le ritmiche house-gregoriane del primo album, il multimilionario MCMXC AD, c’era Michael Cretu: riccioluto produttore tedesco che, dopo vari tentativi da solista, aveva preferito ritornare dietro le quinte e lanciare la fortunata carriera della moglie Sandra. Senza il suo nome nei credits, solo i patiti del genere si erano accorti che, dietro la suggestiva firma “Enigma”, si nascondeva niente più che una versione strumentale, raffinata, di un disco di Sandra. Che nel 1990 aveva ancora un suo perché, ma che tre anni dopo era già imbolsita per il mondo del pop. Quindi, svelato l’arcano – anzi, l’Enigma, ah ah ah – e senza la moglie a far da traino, Enigma II come poteva uscir fuori dalle sacche del già ascoltato? Soprattutto alla luce del fatto che l’idea del canto gregoriano era stata poi usurata e logorata (me la ricordo solo io una versione di “Losing my religion” fatta da monaci che sembravano usciti da “Il nome della Rosa”, magari con il giovane Adso a far da voce guida?): insomma, da che parte andare? Cretu continuò sulla sua strada, sapendo che avrebbe comunque potuto sviluppare la sua idea meglio dei replicanti, aggiungendo qua e là i sospiri della moglie – si spera non registrati all’interno del talamo nuziale – ora che poteva averla come ospite senza dover nasconder nulla, un po’ di roba folk (“le trifonie dei mong-ooo-liii” avrebbe cinguettato Giuni Russo) e tanta roba al limite tra la dance e la new age, senza però apparir patetico come tante, troppe cosacce svendute come “balsamici per la mente e per lo spirito”, e poi rivelatesi dei Fausto Papetti con meno tette. Se poi si aggiungeva la succosa esca di “Return to innocence”, singolo che bissò il successo di “Sadeness” (canzone poi divenuta famosa per uno spot televisivo, ma anche come “quello con il mal di pancia”, visto il vocalizzo che caratterizza tutta la traccia) con meraviglioso video fatto di una vita al contrario, ecco che le classifiche si riaprirono. Con altri pezzi non male, da “I’ll love you I’ll kill you” o “Carly’s song”, e si poteva anche accettare che Cretu cantasse più che nell’episodio precedente, che ci fosse un po’ di commercialità in più e che, insomma, ci fosse meno suggestione. Ma era un disco troppo elegante per criticarlo. (Enrico Faggiano)