DEPECHE MODE  "Exciter"
   (2001 )

Il precedente “Ultra” era stato visto con ovvia indulgenza, perché il gruppo aveva fatto di tutto per distruggersi: uno che va in overdose, uno che beve, uno che va in analisi, e un quarto che saluta la truppa e se ne va.

Ma i tre superstiti riuscirono comunque ad entrare in sala d’incisione, e a produrre un lavoro che era, se vogliamo, il tentativo di creare una via di mezzo tra le atmosfere dure di “Songs of faith and devotion” e quelle elettroniche. Non quelle del pop sintetico anni ’80, ma quelle di “Violator”, soft e tranquille.

Salvata la vita, e usciti con un lavoro che li aveva riconciliati con tutto, i Depeche Mode si riappropriano anche del gusto di andare in tour, quando nel 1998 misero mano ad una raccoltona e che ricordava tutto quello che avevano fatto e che dette loro motivo per tornare a girare il mondo, questa volta limitando l’uso di cocaina e di groupies, possibilmente.

Il rientro in sala d’incisione arrivò poi nel nuovo millennio, quando “Exciter” fece capire che le cose erano cambiate. Come si trattasse di un motociclista schiantatosi per la troppa velocità che, miracolosamente salvatosi, ora mette il freno a mano, questo nuovo disco rallentava fortemente i bpm, limava tutte le atmosfere cupe figlie più del lavoro del fuggiasco Alan Wilder che altro, e indulgeva troppo nel concetto di “ci siamo spaventati, ora il cuore sta buono e calmo, e nessuno lo vuole disturbare”.

Molto tranquilli, i Depeche davano ancora prova di grandi singoli: “Dream on” e “Free love” erano due piccoli capolavori di serenità, mentre “I feel loved” ricordava quello che erano stati ai tempi, almeno musicalmente, migliori. Poi però si indugia troppo sul sussurrato, quasi sulla ninnananna, sul voler dire al mondo che diventare grandi significa saper creare grandi atmosfere ma poi preferire fermare il mondo, sedersi su una poltrona, mettere i piedi su una sedia e sorseggiare qualcosa. Poco, però.

Con ciò non si vuol dire, come disse esageratamente la stampa britannica, che “Dave Gahan tossico era molto più interessante”, quasi a voler inneggiare alla droga come motivo di ispirazione. Ma, se esistesse una Sanremo inglese, loro quasi ci erano pronti. Disco non brutto, sia chiaro. Però, a metterlo in macchina, prima serve del caffé. (Enrico Faggiano)