SIMPLE MINDS  "Big music"
   (2014 )

Ci sono band a cui viene perdonato tutto. Perché ogni volta che le senti, non sai se amarle incondizionatamente o cercare di strangolarle pensando a cosa potrebbe essere e cosa invece non è. E sono ormai duemila anni che Jim Kerr e soci ti lasciano nel limbo, sull’usare l’abbraccio o il coltello, dato che ogni ascolto di ogni nuovo lavoro è una emozione e, nel suo piccolo, una leggera delusione. Per incipit che fanno sbalordire, con sonorità che ricordano le migliori ispirazioni dei primi anni ’80, e album che poi vanno avanti stancamente, senza particolari orientamenti. Ed è un refrain che va avanti da un bel po’, da quando a fine ‘90s fu chiaro che il progresso era terminato, e che la band poteva solo tentare di richiamare, musicalmente, i suoni del passato. “Big music” parte con un trittico che potrebbe far sobbalzare i cuori, con i due singoli “Blindfolded” e “Honest town” a ricordare i tempi migliori, come sempre. Poi, però, ci si perde in citazioni che sembrano cartoline sbiadite ma non del tutto rappresentative dell’antica realtà (“Let the day begin”, cover dei Call, sembra uscire fatta e finita da “Sparkle in the rain”), e approcci che restano a metà strada tra il brillantissimo primo periodo delle Menti Semplici e altri che, invece, stanno nel guado di chi, impazziti dietro al rock da stadio del 1989, non ha poi saputo più da che parte andare. L’album poi viene completato, nella deluxe version, da una serie di cover che nemmeno sono una idea innovativa (“Neon lights”, loro album di cover, uscì non senza critiche a inizio anni 2000). E allora, cosa fare di Jim Kerr e dei suoi compagni? Bocciare, promuovere, rimandare? Rimandare, come sempre, con il classico e infinito concetto del “ragazzo che non si impegna quanto potrebbe”, e che li accompagna da 25 anni almeno. D’altronde, se siamo arrivati a questo punto, vuol dire che tanto oltre forse non si potrà andare, ma come sempre bastano quei tre o quattro spunti, quei tre o quattro richiami all’“Old gold dream”, per far passare tutto in cavalleria. E perdonarli per la millesima volta. (Enrico Faggiano)