BRIAN ENO  "Another day on earth"
   (2005 )

Un altro giorno sulla Terra. Su questa Terra, uccisa da bombe e notizie. Il nuovo Eno è il suono delle nostre paure. Se l’angoscia che ci afferra alla gola prima di salire su una metropolitana o su un aereo potesse cantare, avrebbe questa voce, colonna sonora di un’umanità in ginocchio e per questo, forse, viva. E Brian, l’ultimo vero intellettuale sonoro rimasto, genera il disco che avrebbero voluto fare i Radiohead dopo 'Kid A'. Apre “This” in cui Eno sembra David Byrne, poi “And Then So Clear” ammonisce sul buio del futuro (“La rosa dell’amore sanguinerà”) mentre “A Long Way Down” è inconscio puro e “Caught Between” i primi passi dopo la caduta. Nel cuore del disco, “How Many Worlds”, perla di gioia, forse la speranza (“Quanta gente nutriremmo oggi se ci svegliassimo? Quante labbra baceremmo?”) che corre sulle corde tese di un violino. “E nel futuro, nuove forme di avventure: granate e mine nel silenzio” recita freddamente “Bottomliners” anticipando il fatalismo di “Just Another Day”: “Un giorno ci butteremo tutto alle spalle, diremo che era solo un altro tempo“. Mentre in “Under” c’è una dichiarazione di appartenenza:”Ho deciso di stare qui, dove i campanili bruciano, lame di piombo oscurano le terre e falsi muezzin si preparano”. La chiusura del disco è affidata all’agghiacciante “Bone Bomb” che racconta in prima persona, con la voce di Aylie Cooke, la storia di una terrorista palestinese che si fa saltare in aria: “Fotografie di popstar sopra il mio letto, eserciti sopra la mia testa/Ho aspettato la pace e adesso eccola la mia pace, in questo ultimo momento di vita”. (Andrea Morandi)