VOLVER  "Octopus"
   (2016 )

Con evidenti rimandi a certe atmosfere dei primi U2 e con passaggi di rock melodico che ricordano quelli dei Toto, spruzzate di progressive crimsoniane e qualche accenno agli esperimenti dei Cibo Matto, il quartetto italiano Volvér si dimostra ispirato ed all’altezza della situazione nel suo disco d’esordio, Octopus. Registrato in soli otto giorni, il disco esplora le sonorità più amate dai quattro componenti del gruppo. Otto sono anche i brani del disco (ma c’è una ghost track dopo l’ultima traccia). Per i componenti del gruppo, il numero 8 non è una scelta casuale: rappresenta l’octopus e l’infinito, due concetti molto presenti nell’album e importanti per i quattro. Max Vita, voce e chitarra, ha scritto tutti i brani dando loro una forma blues. Il gruppo li ha poi riarrangiati in studio: hanno così raggiunto una forma più totale e innovativa, senza che si perdessero di vista le fonti di ispirazioni originarie. Anche il cinema ha giocato il suo ruolo: il nome della band è infatti un riferimento all’omonimo film di Pedro Almodovar del 2006. Volvér significa anche “ritornare”: questo disco è per la band un ritorno metaforico ai decenni (’70 e ’80) che sembrano averla formata musicalmente. Si parte con la scarica elettrica di ''Brother'', in cui le sfumature della voce di Vita ricordano quelle di Bono; l’elettronica ed i sintetizzatori hanno qui il sopravvento sulle chitarre, creando un andamento estremamente piacevole. La coda di ''Sister'' sembra uscita da qualche angolo oscuro di ''In the Wake of Poseidon'', e ''Lies'' deve tanto a quel meraviglioso disco che è ''Laughing Stock'' dei Talk Talk (vedasi soprattutto ''Ascension Day''). Il momento più hard dell’intera opera è ''Things I Need'', in cui Vita si prende la scena con un timbro rauco e appassionato, le chitarre splendono per la loro fluidità ed i loro effetti, e la batteria propone un ritmo serrato senza che ci sia un solo calo, nei quattro minuti forse più intensi del disco. L’ultimo brano prima della traccia nascosta, ''Jack Uait'', è un trip psichedelico che si scatena in vortici rock virtuosi e aggressivi. La conciliazione arriva con la ghost track ''Tarifa'', breve ma da non sottovalutare, che termina il disco con una parentesi acustica molto intima e sentita. L’album scorre veloce e non ha momenti di vuoto: un ottimo risultato per il gruppo, dal quale ci aspettiamo un ulteriore passo avanti. (Samuele Conficoni)