ROBERTO DE BASTIANI  "Risvolti"
   (2016 )

Avete mai fatto un conto di quanti bravi cantautori ha sfornato Genova? Un… mare! E sarà proprio l’aria salmastra cosi particolare della Liguria a regalare meravigliose ispirazioni ai vari Paoli, Tenco, Lauzi, Endrigo, Bindi per partorire autentiche gemme sonore, incastonate nella storia della canzone cantautorale italiana. E poi c’è un faro, o meglio una “lanterna”, come Fabrizio De André che, nonostante sia scomparso, continua a fornire luce votiva nell’indole di tanti nuovi artisti. Tra questi non sfugge Roberto De Bastiani che, in prossimità del suo 50°compleanno, si regala “Risvolti”, album che rispecchia un bell’affresco di sensazioni liguri come il richiamo ai ''carrugi'', dei saggi racconti degli anziani, del sapore classico di specialità sfiziose, semplici e gustose. Le sue origini sono di Chiavari, però. Ma chi volete che se lo vada a domandare se poi, indossando cuffia o stereo a casse libere, si godono quelle sonorità mai dimenticate e mai rivalutate abbastanza? Nessuno, credeteci. Azzardiamo, tuttavia, la previsione che De Bastiani si sia trovato al bivio della scelta: queste 10 canzoni le incido in dialetto o in italiano? Per non saper né leggere e né scrivere (è un modo di dire, certo!) ha optato per una via di mezzo, stabilendo il risultato finale: italiano-dialetto 6-4 . Del minimo scarto non ci si fa caso perché questo suo debutto risulterà gradevolissimo ai nostalgici del genere. Il fischio d’inizio è affidato alla briosa “Canzoni un po’ in francese”, uno swing tutto-pepe dal sapore vagamente Buscaglione che, con la fisarmonica di Andrea Carozzo che “commenta” qua e là, ci desta più di un sorriso. Facile immaginare un certo pendolarismo gustoso per assistere a festival ed eventi musicali per accumulare esperienze e sensazioni, prendere note e appunti per poi metterli in campo, come De Bastiani ha fatto con questo suo lavoro. Ma non è stato immediato sfornare la decina, perché è solo dopo vari incontri con altri musicisti che Roberto si è convinto di mettersi in gioco ed essere della partita. E grazie alla sua inseparabile chitarra (che gli fa quasi da portavoce), riesce a stringere amicizie provvidenziali, che si finalizzano con il fortunato incontro con lo straordinario Armando Corsi, detto “la chitarra che ride”, il quale dà a Roberto una mano importante per la produzione artistica, gli arrangiamenti e virtuosismi magistrali. Ma l’arte di De Bastiani non si ferma alla musica: arricchisce infatti la sua cultura con la conoscenza di pittura regionale ed arte contemporanea. Ed il tutto si ritrova nelle piacevoli narrazioni di brani come “A cittae” e “Ciao Maria”, valorizzando la tradizione popolare con “Maadeggiu”, forse il pezzo meno brillante perché troppo ermetico e ripetitivo. Ma lo stile di De Bastiani fa riaccendere come d’incanto la lanterna del mitico Faber, in special modo nel trittico “Danzami danzami”, “Dormi dormi” e “La ballata del Cereghino”, con sfumature di marcata rassomiglianza che non devono però far pensare ad un ruffiano tentativo di imitazione bensì ad una affettuosa dedica per appartenere alla stessa terra. Al triplice fischio finale si respira ancora aria transalpina in “Parigi” (avevate dei dubbi?), che la dice lunga su quanto Roberto ami la capitale francese, complice sicuramente la non abissale distanza dalla sua città, e non è un caso che il doppio omaggio parigino sia collocato ad inizio e fine lavoro, quasi a voler “murare” gelosamente i contenuti che gli stanno a cuore. Vedi Parigi e poi muori? A me non sembra… (Max Casali)