GEORGE MICHAEL  "Songs from the last century"
   (1999 )

A fine millennio scorso a tanti venne la sfregola di raccolte o altre encicliche per salutare quello che era stato. E capitò anche a lui, che peraltro non è che avesse bisogno di tanti rilanci visto e considerato come, in pochi mesi, aveva girato un brutto episodio (la questione dei gabinetti, dell’omosessualità eccetera) in un exploit commerciale. Il problema di questo album fu che non era nemmeno l’unico ad uscire con questa idea di “testimoniamo il secolo che stiamo lasciando”, ed era difficile provare a distinguere tra opere vere e proprie, banale karaoke, o faccende di fatto evitabili. Il problema successivo fu che George Michael era sì tanto apprezzato per le sue doti interpretative e per la capacità di fermare la gente, quando si metteva a cantar lenti. Ma che, a tenere sempre una stessa cifra stilistica, senza particolari sbalzi di tono, lo sbadiglio non poteva non essere in agguato. Chiaro, che poi a sentire “Roxanne” (ma fu un caso, una canzone su una prostituta, proprio dopo quello che era successo?) nella sua versione, anche Sting non poteva non alzarsi e battere le mani. Purtroppo, però, il sentore comune fu quello di un puro e semplice esercizio di stile, forse perfino biodegradabile. D’altra parte, lui era bravo ad alternare ritmi e generi: qui, rinchiuso in una questione che poteva pure piacergli tanto ma non comunicabile all’esterno, l’autoreferenzialità era in agguato, ahilui. (Enrico Faggiano)