TYTUS  "Rises"
   (2017 )

I triestini Tytus sfornano il loro primo Lp "Rises" nel segno dell'heavy metal classico e nel nome della Libertà dell'Uomo sulla tirannia (questo lo spiego dopo). Tanti sono gli assorbimenti di stile, dagli Iron Maiden, a partire dalla tipica cavalcata udibile in "Desperate Hopes", o i doppi assoli melodici di chitarra armonizzati in terza - e in quinta in "White Lines", ovvia bestemmia per i classicisti accademici ma cliché ricorrente nel metal - tranne che per la voce principale, che con un timbro roco e graffiante naviga più in zona Megadeth. Ma l'utilizzo di questi stilemi ben riconoscibili non inficia la godibilità dell'ascolto. A parte l'apertura e la chiusura, gli otto pezzi centrali presentano una potenza esaltante, e pulizia tecnica sia nei palm muting che nei numerosi assoli. "Haunted" propone anche una melodia orecchiabile nel refrain. Interessante la struttura di diverse canzoni, ad esempio in "New Dawn's Eve" una folata di vento ed una voce narrante ci portano ad una batteria che inizia a farsi sentire a volume molto basso, per poi essere alzata gradualmente finché la canzone decolla. Si apprezza anche il basso sferragliante, e ad un certo punto, quando la canzone pare terminata, i feedback anziché sfumare portano ad una ripartenza in shuffle. L'album termina con "Blues on the verge of Apocalypse", chiusura molto calma che si discosta dal resto, con una chitarra acustica espressiva e un organo hammond con i soli registri acuti aperti. Per ultimo affrontiamo il brano di apertura e approfondiamo i due pezzi più curiosi. "Rises" inizia con "Ode to the mighty Sun", un'ode al possente Sole (al Sol Invictus?), dove dei sibili accompagnano, o meglio disturbano, delle preghiere difficili da comprendere. Una dedica al Sole da intendere ovviamente in chiave pagana. Una campana e una folata di vento ci trasportano indietro nel tempo, quando la superstizione e la spada dominavano la Terra: "325 AD" è l'anno del Concilio di Nicea, il concilio ecumenico in cui le prime chiese cristiane cercavano di stabilire quale fosse la filosofia più corretta da seguire ("a new cult erupted from corruption of the truth") in modo da omologare la dottrina e, a detta dei Tytus, organizzare al meglio le future conquiste di potere: "Legions of the Cross, march to dominate, a new religion ruled in blood". L'approccio battagliero si fa più esplicito in "Omnia Sunt Communia - Burn that castle down!". La formula latina del titolo significa "tutto è di tutti", e fu usata come motto da parte dei protestanti contro il Vaticano. Qui il concetto viene generalizzato a qualunque figura si erga a tiranno, a dio o semidio, opprimendo le classi meno abbienti. "He's just like one of us, he's made of flesh and blood (...) he's the enemy to fight". Tutto è di tutti, e solo quando i popoli se ne renderanno conto potranno bruciare il castello del potente di turno e bere alla vittoria. Nati nel 2014, appena tre anni fa, i Tytus vanno già presi sul serio. (Gilberto Ongaro)