RED HOT CHILI PEPPERS  "One hot minute"
   (1995 )

Dopo l’acclamato “Blood Sugar Sex Magic”, i Red Hot Chili Peppers sembravano destinati a svanire per sempre. Complice l’abbandono di Frusciante, il gruppo si trovava in un momento di stallo creativo che difficilmente si sarebbe potuto superare. Questo “One Hot Minute” porta con se tutti i travagli del parto, nasconde nei suoi brani il vuoto incolmabile del non sentirsi ispirati. È un enorme passo indietro, musicalmente parlando, rispetto al lavoro del ’91; ci troviamo davanti a 13 brani abbastanza eterogenei, anzi forse troppo marcatamente frazionati tra ballate e pezzi hard rock. L’ibrido funk svanisce quasi completamente e i suoi resti sono davvero immondi. L’insulsa “Walkabout” ne è l’esempio; un funk debolissimo, senza emozioni né sincerità. Altro episodio pessimo è “Falling Into Grace” che rispecchia pienamente il titolo. Si prosegue poi per la via più facile del pop-rock; “Aeroplane”, “My Friends” e “Tearjarker” sono infarciti di languide musicalità morbide ed orecchiabili; brani ascoltabili, ma non eccezionali. “Pea” è un gradevole intermezzo. Ciò che emerge maggiormente dal disco sono le potenti tracce al limite del metal; “Coffee Shop” e “One Big Mob” sono gli esempi più banali, anche se non del tutto inutili. “Shallow Be Thy Game” e “One hot Minute” risollevano leggermente lo scenario, che poco ha da aggiungere a quando già detto in ambito rock. Solamente “Warped” ha una vera carica innovativa, nel suo turbine di voci filtrate, riff poderosi e psichedelia e si propone come uno dei migliori pezzi hard del gruppo. I due brani che danno un senso a “One Hot Minute” sono “Deep Kick” e “Transcending”, che elevano la musica del gruppo ad un nuovo livello espressivo. La prima è autobiografica, l’inizio è un discorso lugubre, la voce profonda ci lascia in sospeso su “We keep moving...” quando entrano in gioco la chitarra prorompente e la ritmica travolgente. Il tutto si sviluppa poi in direzione di una psicotica scarica di adrenalina che ripiega in una cantilena melanconica tra pianti e rumori. “Transcending” è a mio parere il miglior brano dei Red Hot Chili Peppers in assoluto; mai i quattro hanno saputo commuovere come in questo requiem punk, l’apice emotivo della carriera del gruppo, che dicendo addio a River Phoenix forse dice addio al proprio passato, a ciò che è stato delle loro vite fino a quel momento. Il tono è molto fragile e nervoso al tempo stesso; non ci sono tracce del passato del gruppo, sembra quasi di sentire le loro anime parlare, nella dolce melodia come nello sfogo isterico finale di una violenza catartica e sincerità mai sentite prima nella loro musica. Due canzoni che nobilitano un disco solamente non troppo ispirato; un lavoro insicuro, che scodella tra i numerosi brani di rock ordinario alcune perle indelebili. In generale è un lavoro più che sufficiente, ascoltabile, ma non necessario. Anche se il brano finale vale il disco. (Fabio Busi)