TOMMI E GLI ONESTI CITTADINI  "Mind kontrol ultra"
   (2017 )

Ci sono molti modi di fare punk, chissà se esiste un solo modo di esserlo. C’è chi s’indigna, chi cade nella trappola dell’autoreferenzialità, chi aumenta i giri, perché il punk bisogna suonarlo veloce, e i Ramones lo facevano così. Ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, l’importante è non scadere nel macchiettistico o nella pedissequa imitazione di modelli fin troppo ingombranti. Perché – come scrivevo non più tardi di qualche mese fa a proposito dell’eccellente “La Città Del Niente” dei Razzi Totali - il punk bisogna saperlo suonare, mica bastano tre accordi e un po’ di distorsione. Tommi Marson, storica voce delle Porno Riviste, uno che di sicuro è stato punk prima di te, sceglie nuovamente per il quarto album di Tommi E Gli Onesti Cittadini una via del tutto personale alla materia: c’è aria di Clash, e parecchia, ma c’è anche uno scavo su testi e temi trattati che ammanta di uno splendore paradossale un lavoro formalmente grezzo come si conviene, eppure capace di dispensare lampi di un romanticismo sui generis, tripudio di melanconia elettrica appena stemperata da un fondo di malcelata, gradevole goliardia. Come direbbero loro scherzandoci su, un disco onesto. Sto al gioco, ma non del tutto, e per descrivere in una parola “Mind Kontrol Ultra” preferisco ricorrere ad un termine altrettanto semplice ben poco adatto al lessico dei critici (ma non lo sono, e mi concedo il lusso): è un disco sincero. Tradotto: dodici canzoni che non ambiscono ad essere ciò che non possono né vogliono essere, né arte sofisticata e pretenziosa, né sperimentazione o cervellotica ricercatezza, perché anche questo è il punk, colpire senza voler strafare. Ho ancora nelle orecchie l’eco di tre album straordinari, ciascuno a modo suo, tre piccoli grandi dischi che mi hanno ricordato come non sia poi così impossibile coniugare ardimento (uh, questo sì piacerà ai critici!) e immediatezza: il primo è “Revoluce” dell’immarcescibile Lilith, il secondo l’ho citato qualche riga fa, l’ultimo in ordine di tempo è “La Revolution Bourgeoise” dei Criminal Party, e forse non è un caso che tutti abbiano più o meno intensamente a che vedere col punk, seppure con differenti sfumature e declinazioni. Ecco, “Mind Kontrol Ultra” riesce nella stessa eroica impresa, ossia quella – inorridiscano di nuovo i soloni della critica - di non sbagliare nemmeno una canzone: non un gancio, non un verso, non un ritornello (i critici lo chiamano chorus, ma pazienza), dispensando anzi una serie impressionante di refrain (questa va meglio!) che neanche Max Pezzali – Tommi, perdonami, ma è un complimento - ne ha indovinati così tanti. E poi la voce di Tommi, quella voce: gutturale, sguaiata, da pub, mediamente isterica e - come dire? - casuale, con quel modo tutto suo di chiudere la frase quasi si stesse mangiando una sillaba o già pensando alla prossima. Infila la stordente accoppiata di “Non ti avvicini” e “Sole folle” in apertura senza paura di tagliare i pezzi intorno ai canonici due minuti e mezzo che si addicono al genere, centra il divertissement di “Vasco al Telos”, la mitragliata di “Apocalisse”, perfino una ballata elettrica à la Bob Mould che mette i brividi (“Oggidomani”, partenza lenta e poi via con un mid-tempo che vorresti non finisse mai), concedendosi appena un paio di escursioni più lievi (“Nei tombini”, “Note selvagge”) prima di un trittico finale che lievita ad inusitati livelli di intensità, nobilitando un disco che nasce proletario e termina in un crescendo emotivo ininterrotto, condotto allo schiocco di frustate secche virate in minore, aggressive, graffianti, tristi, fataliste e bislacche. Mentre scrivo, ho detto a mia moglie di comprarmi questo disco. Fatto, on-line, me lo consegnano domani in ufficio: come acquisto non sarà molto punk, ma almeno è onesto. E sono sia onesto che sincero mentre confesso che sull’ultimo verso de “Il tempo della velocità”, altra ballad prodigiosa scelta come chiusura dell’album, mi sono quasi commosso: forse non lo sai, ma pure questo è punk. (Manuel Maverna)