MASSIMO PRIVIERO  "All'Italia"
   (2017 )

Ritorna con un concept-album, “All’Italia”, Massimo Priviero, illustre esponente di un cantautorato rock che ha dato e continua a dare un’importante contributo alla cultura musicale italiana. Dodici tracce che sono dedicate e parlano dell’Italia lungo un filone che mescola la storia all’attualità del nostro Stivale. Voce calda, sound puro e autentico, testi pungenti e una carica che solo chi mette passione in ciò che fa può e sa dare. L’opening track è “Villa Regina”, storia di migrazione oltreoceano, quando i nostri connazionali lasciavano i luoghi d’origine per sbarcare il lunario (alcuni facendo fortuna, altri un po’ meno), verso una terra lontana e molto spesso inospitale (quanto è corta la memoria di certi italiani dei giorni nostri!!!). Siamo negli anni ’20, quando un enorme flusso di italiani lasciava l’Italia distrutta dalla Grande Guerra: “mille anime in fuga tra pane e lavoro”. Un saluto ai cari e la speranza di veder sorgere un sole nuovo, un sole argentino. I nostri connazionali si rimboccavano le maniche stabilendosi a Villa Regina (nella provincia del Rio Negro). Il protagonista di questa storia scrive una lettera alla madre lontana parlando della “miseria e dolore” che ha lasciato per trovare “un deserto da dover coltivare”, e mentre passano gli anni i Natali in famiglia sono solo un ricordo quando si vive stipati in case di fortuna con altri connazionali. Dall’Argentina alla Francia, altra storia e altra fuga da un paese da ricostruire nel secondo dopoguerra. Un treno porta il protagonista dal Trentino ad Aquitania, al confine con la Spagna, per vivere una vita da contadino. Il pensiero va alla donna amata, e logora il non saper leggere e scrivere per poter comunicare con lei: quella che dovrebbe essere una lettera d’amore si trasforma in un’accorata preghiera rivolta a Dio con la speranza di ritornare nella propria terra e tra i propri cari. Chitarra e armonica a bocca danno al brano un sapore malinconico ma allo stesso tempo intriso di rabbia per i pregiudizi contro cui lottare: l’italiano (ieri come oggi) non è esente dai soliti luoghi comuni fatti di pasta, pizza, mandolini e mafia... Un anziano profugo istriano ritorna al suo paese natio, dopo una vita vissuta tra mille difficoltà in Italia. Nella mente riaffiorano i ricordi da bambino. E’ questo il tema di “Fiume”, con il commosso racconto della storia del protagonista. Costretto a lasciare tutto per salvare la propria vita, del padre conserva il ricordo dell’ultima frase udita prima della sua forzata partenza: “non sono fascista, non son partigiano. Mettetevi in testa, son solo italiano. Son nato e vissuto nella mia città e se mi cercate, sappiate son qua”. Altra fuga da un mondo in rovina. Questa volta non alla ricerca di fortuna e condizioni materiali migliori, non fuga da un paese distrutto da guerre o in crisi per il lavoro, ma fuga da un mondo troppo caotico per cercare il contatto con la natura. La realizzazione di una dimensione più spirituale che materiale è al centro del racconto di “Cielo Blu”, quarta traccia che non devia dalle sonorità delle tracce precedenti. Intatto è il fascino del racconto nella semplicità degli arrangiamenti. “Friuli ‘76” è la straordinaria storia della sopravvivenza di un uomo scampato alla devastazione del terremoto. Polvere e macerie, morte e distruzione, una famiglia sterminata, ma lui sopravvivendo trova la forza di rimboccarsi le maniche e andare avanti ricostruendosi una vita. Il tema dell’addio alla propria terra natia è il comune denominatore che lega le tracce precedenti e “Berlino”: città divisa da un muro fatto di mattoni e di ignoranza in nome di ideologie politiche esasperate ed esasperanti. Il nostro protagonista è un ventenne che lascia la capitale tedesca per vivere in Italia, non senza difficoltà e non senza il desiderio di poter ritornare un giorno nella sua città. L’Italia, paese dei santi e dei guai, vede un altro addio da parte di un suo figlio che decide di vivere una “Alba Nuova”. Testo rabbioso che ben si sposa con l’incisività della voce e l’energia dell’arrangiamento. Sonorità folk-irlandese e un testo rabbioso sono invece i due elementi cardini di “Rinascimento”: qui non si fugge da un paese e non si accoglie uno straniero ma si constata con amarezza le difficoltà di un’Italia di identità politica, economica e sociale… ma la speranza è sempre l’ultima a morire, e prima o poi ci sarà un nuovo “Rinascimento”. Italia, paese in movimento, gente che entra ma anche gente che esce, come il medico protagonista di “Mozambico” o il ragazzo che parte per “London”: da un lato una missione umanitaria in Africa per portare un concreto aiuto in zone disperate, dall’altro l’entusiasmo e la voglia di partire alla ricerca di nuove opportunità per un futuro migliore. Dalla tragica realtà dell’attentato terroristico del Bataclan in cui perse la vita anche la nostra connazionale, Valeria Solesin, alla fantasia di un racconto che passa attraverso una lettera che la giovane vittima scrive alla madre. Non è una canzone triste bensì un inno alla gioia di vivere nonostante tutto. Chiude il disco “Abbi Cura”, manifesto di un lavoro incentrato sulla cura di ogni aspetto della vita, anche se questa ci porta in posti in cui non vorremmo essere o in circostanze che non vorremmo mai attraversare. “Abbi Cura” della vita, delle persone, dei luoghi in cui ti trovi e persino delle sofferenze che prima o poi passeranno se affrontate nella maniera giusta. Nel complesso il nuovo disco di Massimo Priviero è un capolavoro di un fine cantautorato rock non banale, non scontato ma suonato e arrangiato con genuinità. Un disco che parla non tanto dell’Italia ma dell’Italiano, che ovunque sia, e in qualsiasi situazione si possa trovare, sa far sempre emergere la parte migliore di sé. Questo è il pregio indiscutibile di un lavoro che merita di essere ascoltato attentamente perché mette in musica autentiche poesie. (Angelo Torre)