

			
AUDIOSFERA  "Ogni cosa al suo posto"
   (2017 )
		
			 Da buoni italiani sappiamo che l’Umbria è il cuore verde dell’Italia ed è, notoriamente,  il colore della speranza che, in questo caso, corrisponde agli Audiosfera, un quintetto che, con questo debutto,  sa tirare a lucido idee  con squisite soluzioni di pop, shoegaze e space-rock, senza tralasciare tessuti di  melodia italica.  “Ogni cosa al suo posto” è opera che ispira fiducia per la saldezza che sfoggia: non tanto per l’originalità (che comunque, a tratti, non manca) ma piuttosto per formulare alchimie melodiche, avvolgenti e rassicuranti. Non verranno forse ricordati per i testi che, al momento, non brillano ancora di  fervida luce, ma li apprezziamo perché si evince che, nel  lustro passato a contemplare questo album, hanno assunto dei rischi  ed immesso  tanto impegno,  atto ad  evitare formulazioni stlistiche irrilevanti e banali. Magari, mettere in apertura un pezzo abbastanza blando come “Otto minuti di follia” non è forse una scelta  esaltante,  benché si tratti si un buon dream-pop capace di suscitare piccole suggestioni.  Di contro, “Ogni cosa” e “Un istante da vivere” rialzano l’asticella verso i gustosi voli narrativi  che furono dei lombardi  Zero Positivo. Ma la cometa che irradia il miglior bagliore è “L’infinito”, paragonabile ad una supernova che ti esplode in faccia e conficca i suoi trillati in testa come detriti fluorescenti ed ipnotici in clima space-rock.  Peccato che il testo di “Ti porterò lontano” non vada di pari passo con l’efficace ed ariosa  melodia  sospensiva del pezzo, e che “L’ago nel cuore” punga poco per l’arrangiamento un po’ caotico e ammassato. Fortuna che la “Tempesta”  faccia piovere sull’asciutto ed  operi un benefico refreshing  che fa risplendere il sole anche nella conclusiva “La città che vorrei”, all’apparenza placida e sorniona ma abile, al contempo, a portarci nel cosmo con percussività Coldplayana.  Nonostante “Ogni cosa al suo posto” viva di alternanze qualitative, resta un album ricco di spunti interessanti in cui l’opulenza inferta dagli Audiosfera ha sortito, opportunamente, un effetto di tutto rispett; e, se limeranno attentamente le bozze liriche nel secondo album… et voilà! Il gioco è fatto. (Max Casali)
Da buoni italiani sappiamo che l’Umbria è il cuore verde dell’Italia ed è, notoriamente,  il colore della speranza che, in questo caso, corrisponde agli Audiosfera, un quintetto che, con questo debutto,  sa tirare a lucido idee  con squisite soluzioni di pop, shoegaze e space-rock, senza tralasciare tessuti di  melodia italica.  “Ogni cosa al suo posto” è opera che ispira fiducia per la saldezza che sfoggia: non tanto per l’originalità (che comunque, a tratti, non manca) ma piuttosto per formulare alchimie melodiche, avvolgenti e rassicuranti. Non verranno forse ricordati per i testi che, al momento, non brillano ancora di  fervida luce, ma li apprezziamo perché si evince che, nel  lustro passato a contemplare questo album, hanno assunto dei rischi  ed immesso  tanto impegno,  atto ad  evitare formulazioni stlistiche irrilevanti e banali. Magari, mettere in apertura un pezzo abbastanza blando come “Otto minuti di follia” non è forse una scelta  esaltante,  benché si tratti si un buon dream-pop capace di suscitare piccole suggestioni.  Di contro, “Ogni cosa” e “Un istante da vivere” rialzano l’asticella verso i gustosi voli narrativi  che furono dei lombardi  Zero Positivo. Ma la cometa che irradia il miglior bagliore è “L’infinito”, paragonabile ad una supernova che ti esplode in faccia e conficca i suoi trillati in testa come detriti fluorescenti ed ipnotici in clima space-rock.  Peccato che il testo di “Ti porterò lontano” non vada di pari passo con l’efficace ed ariosa  melodia  sospensiva del pezzo, e che “L’ago nel cuore” punga poco per l’arrangiamento un po’ caotico e ammassato. Fortuna che la “Tempesta”  faccia piovere sull’asciutto ed  operi un benefico refreshing  che fa risplendere il sole anche nella conclusiva “La città che vorrei”, all’apparenza placida e sorniona ma abile, al contempo, a portarci nel cosmo con percussività Coldplayana.  Nonostante “Ogni cosa al suo posto” viva di alternanze qualitative, resta un album ricco di spunti interessanti in cui l’opulenza inferta dagli Audiosfera ha sortito, opportunamente, un effetto di tutto rispett; e, se limeranno attentamente le bozze liriche nel secondo album… et voilà! Il gioco è fatto. (Max Casali)