

			
CARTABIANCA  "Finalmente"
   (2018 )
		
			 Ecco un felice connubio,  agro-dolce,  di come si possa intrecciare la migliore tradizione cantautorale con  saggie narrazioni da elegante osteria,  in cui anche gli astemi rompono gli indugi per farsi un goccetto e unirsi al mood invitante dei  Cartabianca, per passare una mezz’oretta  ludica.  “Finalmente”  ci sono loro che, come  abili  pistoleri, sanno scaricare  i 9 colpi dell’opera con tematiche in continua antitesi tra loro, senza che nulla risulti certo, assodato, conseguito, ma che resti in continua discussione, senza presunzione né arroganza, ma con toni che ribaltano i concetti appena sei convinto  che siano dogmi ormai acquisiti.  Girano spesso la frittata con sfrontata simpatia, questi ragazzi, anche nell’episodio meno contagioso (“Melina”), e riescono pienamente a trasmetterti una  fitta empatia che si stabilisce già con l’introduttiva “Cazzate anni settanta”: base d’ispirazione acustic-grunge mescolata in salsa cantautorale.  “L’altra storia” da dire è che lo swing espresso è brillante e delicato, e che lo spirito dei  Perturbazione echeggia anche in “Stramalodio”, con distensioni orecchiabilmente stralunate.  Discorso a parte riguarda “Principe rosa”, brano dall’aspetto dolce ma duro e polemico, in clima western-ballad con il whisky  che regna attorno ad un falò.  A stemperare l’invettiva tocca  a “Domenica (cinismi da spiaggia)”: giocoso brano “trallallà…” affidato al duetto dei fratelli Ciapica. Fanno poi un tuffo nel mare di Sergio Caputo con “Faccia da (s)bronzo”, efficace swing-blues carico d’ilarità, mentre “Tetti” è per… tutti, cosi  vivace e spensierata  da fischiettare sotto la luna.  A chiudere i battenti tocca a ”La moka”, giocosa e ironica a rallegrare gli animi in continua ricerca di evasione.  A dirla tutta,  i Cartabianca sono come il diavolo e l’acquasanta, o come Giano, il Dio bifronte: ti mostrano una  faccia  angelica  ma l’altra rivela  il ghigno monellaccio ed irriverente. Guarda caso  sono di Genova, “con quella faccia un po’ cosi, quell’espressione un po’ cosi…”. Finalmente ...niente di prevedibile, dove tutto è relativo e nulla si trasforma e, visto che oggigiorno  regnano  spesso  bronci e musilunghi… tutti d’accordo al grido: “Finalmente” ‘na gioia! (Max Casali)
Ecco un felice connubio,  agro-dolce,  di come si possa intrecciare la migliore tradizione cantautorale con  saggie narrazioni da elegante osteria,  in cui anche gli astemi rompono gli indugi per farsi un goccetto e unirsi al mood invitante dei  Cartabianca, per passare una mezz’oretta  ludica.  “Finalmente”  ci sono loro che, come  abili  pistoleri, sanno scaricare  i 9 colpi dell’opera con tematiche in continua antitesi tra loro, senza che nulla risulti certo, assodato, conseguito, ma che resti in continua discussione, senza presunzione né arroganza, ma con toni che ribaltano i concetti appena sei convinto  che siano dogmi ormai acquisiti.  Girano spesso la frittata con sfrontata simpatia, questi ragazzi, anche nell’episodio meno contagioso (“Melina”), e riescono pienamente a trasmetterti una  fitta empatia che si stabilisce già con l’introduttiva “Cazzate anni settanta”: base d’ispirazione acustic-grunge mescolata in salsa cantautorale.  “L’altra storia” da dire è che lo swing espresso è brillante e delicato, e che lo spirito dei  Perturbazione echeggia anche in “Stramalodio”, con distensioni orecchiabilmente stralunate.  Discorso a parte riguarda “Principe rosa”, brano dall’aspetto dolce ma duro e polemico, in clima western-ballad con il whisky  che regna attorno ad un falò.  A stemperare l’invettiva tocca  a “Domenica (cinismi da spiaggia)”: giocoso brano “trallallà…” affidato al duetto dei fratelli Ciapica. Fanno poi un tuffo nel mare di Sergio Caputo con “Faccia da (s)bronzo”, efficace swing-blues carico d’ilarità, mentre “Tetti” è per… tutti, cosi  vivace e spensierata  da fischiettare sotto la luna.  A chiudere i battenti tocca a ”La moka”, giocosa e ironica a rallegrare gli animi in continua ricerca di evasione.  A dirla tutta,  i Cartabianca sono come il diavolo e l’acquasanta, o come Giano, il Dio bifronte: ti mostrano una  faccia  angelica  ma l’altra rivela  il ghigno monellaccio ed irriverente. Guarda caso  sono di Genova, “con quella faccia un po’ cosi, quell’espressione un po’ cosi…”. Finalmente ...niente di prevedibile, dove tutto è relativo e nulla si trasforma e, visto che oggigiorno  regnano  spesso  bronci e musilunghi… tutti d’accordo al grido: “Finalmente” ‘na gioia! (Max Casali)