KUTIN & KINDLINGER  "Decomposition IV: Variations on bulletproof glass"
   (2018 )

Il vetro è il protagonista indiscusso di "Decomposition IV: Variations on bulletproof glass" (uscito per Ventil Records), concetto arrivato per quarto, dopo tre "decomposizioni" del duo Kutin & Kindlinger. Essi, da veri ingegneri del suono, esplorano tutte le possibilità di ottenere timbri inaspettati dall'utilizzo del vetro antiproiettile: rompendolo, rigandolo, facendolo rimbalzare, e campionando tutti i rumori generati dall'esperimento. Ne escono così dei quadretti surreali, per i quali i due austriaci hanno riservato quasi esclusivamente sigle, alcune riconoscibili, altre meno. Come ad esempio "X26", nome di quell'infame strumento di tortura, il taser; o "H.a.a.r.p.", la celebre stazione scientifico-militare, che studiava atmosfera e ionosfera chiusa nel 2013, che scatena diverse fantasie complottiste. Altre sigle come "T.i.a." meglio non tradurle. "P.a.n.e. #1" e "P.a.n.e. #2", a un italiano fanno sorridere scritte così, ma quello che si sente un po' meno. I samples sono dapprima esposti uno alla volta nel primo brano "X26", per familiarizzare con gli inusuali rumori. Poi vengono ordinati per creare un tempo che imita la batteria (cassa, rullante, charlie e molteplici piatti e percussioni). Le tracce sono i risultati ragionati di queste prove empiriche. Vetri infranti, acuti pungenti, schegge taglienti. Piccoli frammenti di cristalli vengono ravvicinati a formare un pattern che vira nel noise, come il rumore dell'effetto sabbia della tv priva di segnale. E l'effetto non è confortevole. Per "I throne", il duo si avvale di Elvin Brandhi, cantante dalla voce capricciosa già attiva nell'elettronica sotto il nome di Ugly Child e con il padre nel duo Yeah You, e la sua carismatica personalità prende il sopravvento, sopra le briciole di vetro. Il suo approccio vocale è simile a quello della giovanissima Bjӧrk quand'era ancora negli Sugarcubes. Qua e là, negli arrangiamenti, compaiono anche delle parvenze di note intonate, in "L.i.w." addirittura si può apprezzare un rapidissima successione di impulsi, come di un normale arpeggiatore elettronico. E in "Hypnagogum" un loop di tre note accompagna l'accumularsi di rumori, soffi e broken beats. Significativa anche la performance live, di cui il visual è fondamentale, proiettato per l'appunto su due finestre crepate. Questo esperimento elettroacustico, affine alla musica concreta, lascia un senso di inquietudine, in perfetta linea con i venti di guerra, ai quali ci attendiamo dall'arte quantomeno una risposta dada. (Gilberto Ongaro)