

			
SLAGR  "Dirr"
   (2018 )
		
			 Anna Hytta (violino), Amund Sjøglie Sveen (vibrafono e strumentazione in vetro) e Katrine Schiøtt (violoncello) sono gli Slagr, formazione danese che ha da poco pubblicato “Dirr” (per la celebre Hubro Records), nuovo album di una carriera in bilico fra richiami rinascimentali, sperimentazione e avanguardia. “Dirr”, prodotto da Andreas Mjos dei Jaga Jazzist, include otto brani e si apre con le delicate ed esili vibrazioni di “Aur”, per poi ispessire un po’ il sound grazie al dialogo fra gli archi nel singolo “Strimesong”, sospeso ancora fra gusto classicheggiante e moderne evoluzioni folk. “Flimmer”, invece, si caratterizza per un incedere più definito e rapido, grazie anche al lavoro del vibrafono sullo sfondo, sul quale poi si stagliano ancora gli archi a ricamare trame morbide. Con “Hel” prima e “Varle” poi, le sonorità tendono a farsi più rarefatte e sognanti: spicca il lavoro dell’armonica a bicchieri, che in “Eir” cede il posto a suoni più avanguardistici e meno vicini al gusto classico che permea “Dirr”. In chiusura, invece, “September” torna a muoversi su schemi più classici e l’eleganza del suono suggerisce anche scenari da film d’autore, prima che “Oyr” possa omaggiare il minimalismo di Morton Feldman. “Dirr” è un lavoro che conferma il talento di un trio che sa lavorare bene in ambienti forse inaccessibili al grande pubblico, ma certamente apprezzati dai musicofili. (Piergiuseppe Lippolis)
Anna Hytta (violino), Amund Sjøglie Sveen (vibrafono e strumentazione in vetro) e Katrine Schiøtt (violoncello) sono gli Slagr, formazione danese che ha da poco pubblicato “Dirr” (per la celebre Hubro Records), nuovo album di una carriera in bilico fra richiami rinascimentali, sperimentazione e avanguardia. “Dirr”, prodotto da Andreas Mjos dei Jaga Jazzist, include otto brani e si apre con le delicate ed esili vibrazioni di “Aur”, per poi ispessire un po’ il sound grazie al dialogo fra gli archi nel singolo “Strimesong”, sospeso ancora fra gusto classicheggiante e moderne evoluzioni folk. “Flimmer”, invece, si caratterizza per un incedere più definito e rapido, grazie anche al lavoro del vibrafono sullo sfondo, sul quale poi si stagliano ancora gli archi a ricamare trame morbide. Con “Hel” prima e “Varle” poi, le sonorità tendono a farsi più rarefatte e sognanti: spicca il lavoro dell’armonica a bicchieri, che in “Eir” cede il posto a suoni più avanguardistici e meno vicini al gusto classico che permea “Dirr”. In chiusura, invece, “September” torna a muoversi su schemi più classici e l’eleganza del suono suggerisce anche scenari da film d’autore, prima che “Oyr” possa omaggiare il minimalismo di Morton Feldman. “Dirr” è un lavoro che conferma il talento di un trio che sa lavorare bene in ambienti forse inaccessibili al grande pubblico, ma certamente apprezzati dai musicofili. (Piergiuseppe Lippolis)