

			
PROTTO  "Di cattivo busto"
   (2018 )
		
			 Col solo ausilio del  cognome debutta,  nell’arena delle settenote  con l’e.p. “Di cattivo busto”, il tortonese Protto  (Nicolò):  (fi)brillante musicista,  matematico e funambolico paroliere. Cinque pezzi che  provano a dibattersi  tra le pieghe e le piaghe della società mettendo a fuoco, con piccante cinismo ed abrasiva ironia, le consapevolezze che attanagliano le riflessioni personali. “Basta un colpo di pistola” per fare subito fuoco  con un coro solenne che, felpatamente, si cela nei fondali del  brano dal carattere evasivo e spassoso, e questo clima è una caratteristica che riflette nell’inventario dell’opera. Infatti, già il titolo “Dcd+”  sembra una  stringatura inviata tra teenagers e gioca su tastierina da videogioco  per elaborare un  twist-pop insolito e gustosissimo.  Invece, quell’iniziale “du-du-du-du-du-du”, di stampo  Wham! (“Wake me up before you go-go”), anticipa  il clima ludico  di  “Dove ti porta”, che s’inerpica sulle scherzose ispirazioni di Sergio Caputo e gli stralunati astrattismi vocali di Jannacci, quando  sceglie di mitragliar parole.  In questo  esordio, il  sorriso è  garantito  ma  cela un retrogusto aspro, poiché il trentenne Protto è palesementemente voglioso di dipingere la frustrante routine dell’impiegatuccio d’ufficio con sarcasmo salace, azzannando il morso della briglia per fuggire dal copia-e-incolla che offre la quotidianità con mesta solfa. Inutile starsela a menare, tanto il mondo scorre come un siluro e ciò che, raramente, ci può sembrare un buon obiettivo raggiunto  si trasforma, invece, in insulsa evanescenza. Non c’è alternativa: c’è da “Correre” se non vuoi farti sbranare dal boa di turno, pronto a stritolarti tra le sue spire ambiziose ed arroganti, e l’andazzo del pentagramma è dondolante  e dinamico.  Con “L’indolente” è il momento dei rimpianti, racchiusi in una ballad dall’incedere  funesto e pernicioso, inzuppato dalla mestizia di non poter disporre (forse) di una seconda chance risolutiva. Col  prezioso apporto di Giovanni Giuvazza Maggiore alla produzione, “Di cattivo busto” offre arrangiamenti freschi ed attualizzati verso un fruibile indie-pop, e Protto se ne è servito per metabolizzare fatti e rifatti giornalieri che impattano sgradevolmente nel suo microcosmo istrionico e consapevolmente  normale, in cui persegue  scappatoie rivoluzionarie con varianti paraboliche ed esiziali ma  tese  ad ingannare i fantasmi  e le ombre di quest’epoca spersonazzante e malandata. (Max Casali)
Col solo ausilio del  cognome debutta,  nell’arena delle settenote  con l’e.p. “Di cattivo busto”, il tortonese Protto  (Nicolò):  (fi)brillante musicista,  matematico e funambolico paroliere. Cinque pezzi che  provano a dibattersi  tra le pieghe e le piaghe della società mettendo a fuoco, con piccante cinismo ed abrasiva ironia, le consapevolezze che attanagliano le riflessioni personali. “Basta un colpo di pistola” per fare subito fuoco  con un coro solenne che, felpatamente, si cela nei fondali del  brano dal carattere evasivo e spassoso, e questo clima è una caratteristica che riflette nell’inventario dell’opera. Infatti, già il titolo “Dcd+”  sembra una  stringatura inviata tra teenagers e gioca su tastierina da videogioco  per elaborare un  twist-pop insolito e gustosissimo.  Invece, quell’iniziale “du-du-du-du-du-du”, di stampo  Wham! (“Wake me up before you go-go”), anticipa  il clima ludico  di  “Dove ti porta”, che s’inerpica sulle scherzose ispirazioni di Sergio Caputo e gli stralunati astrattismi vocali di Jannacci, quando  sceglie di mitragliar parole.  In questo  esordio, il  sorriso è  garantito  ma  cela un retrogusto aspro, poiché il trentenne Protto è palesementemente voglioso di dipingere la frustrante routine dell’impiegatuccio d’ufficio con sarcasmo salace, azzannando il morso della briglia per fuggire dal copia-e-incolla che offre la quotidianità con mesta solfa. Inutile starsela a menare, tanto il mondo scorre come un siluro e ciò che, raramente, ci può sembrare un buon obiettivo raggiunto  si trasforma, invece, in insulsa evanescenza. Non c’è alternativa: c’è da “Correre” se non vuoi farti sbranare dal boa di turno, pronto a stritolarti tra le sue spire ambiziose ed arroganti, e l’andazzo del pentagramma è dondolante  e dinamico.  Con “L’indolente” è il momento dei rimpianti, racchiusi in una ballad dall’incedere  funesto e pernicioso, inzuppato dalla mestizia di non poter disporre (forse) di una seconda chance risolutiva. Col  prezioso apporto di Giovanni Giuvazza Maggiore alla produzione, “Di cattivo busto” offre arrangiamenti freschi ed attualizzati verso un fruibile indie-pop, e Protto se ne è servito per metabolizzare fatti e rifatti giornalieri che impattano sgradevolmente nel suo microcosmo istrionico e consapevolmente  normale, in cui persegue  scappatoie rivoluzionarie con varianti paraboliche ed esiziali ma  tese  ad ingannare i fantasmi  e le ombre di quest’epoca spersonazzante e malandata. (Max Casali)