RAOUL SINIER  "Death, love & despair"
   (2018 )

La cifra stilistica di Raoul Sinier è molto personale e interessante, e unisce precisi elementi di elettronica con altrettanto precisi elementi rock, che più o meno tornano costanti: una distorsione dei bassi avvicinabile, per capirci, alle ambientazioni di Trent Reznor; loop di batteria elettronica realistica, affini al big beat e alla techno anni ‘90 (Fatboy Slim, Moby); arpeggiatori, ora lenti ora vorticosi, che accompagnano una voce in francese sottile, che talvolta vira nel recitato. Nel nuovo, autoprodotto disco “Death, Love & Despair” tutti questi elementi si mescolano creando una consistenza originale e riconoscibile. A partire da “Introduction”, dove gli arpeggi synth si accostano al pianoforte. In “Party strangers” si intessono sequenze insolite di accordi che stupiscono, su un riff noise. Il clima di paura da NIN arriva con il basso minaccioso, sferragliante in “Invisible Giants” e ronzante in “Night ride”. In “Table rase” la voce naturale di Raoul è perseguitata dalla sua versione pitchata verso l’acuto. I riff si fanno pesanti in “Souls delight”, brano dal portamento granitico e dall’intenzione catartica, dove la sequenza principale di arpeggi metallici starebbero bene anche riportati su clavicembalo, per una simil fuga di Bach. Gli arpeggi diventano invece abrasivi in “La Comptine des Cafards”, dove Sinier canta con voce compressa e distorta. “Cycle de Pierre” invece è caratterizzato, nella prima metà, da un ampio e rapidissimo arpeggio di pianoforte, che mantiene il cantato di Raoul su una dimensione electro pop straniante. Nella seconda metà il loop di pianoforte s’arresta, per lasciar spazio a una sorta di industrial sui generis. Batteria e pianoforte di nuovo in primo piano in “Lucky Coin”, una canzone con diverse variazioni ritmiche sul synth e un andamento orecchiabile. I due pezzi finali contengono parti ambientali: “Stay down (we fly part III”) comincia con impulsi liquidi, e senza alcun apporto ritmico, la voce viene sommersa da un mare distorto. Lo stesso accade attorno alla voce recitante di “Conclusion”, nonostante l’inizio che allude a un’intenzione rock. Lì, nella zona oceanica, si eseguono costantemente progressioni armoniche che non trovano conclusione, una continua agitazione verso l’elevazione. Davvero inafferrabile Raoul Sinier, partendo da una direzione quasi rievocativa della house più sperimentale, per arrivare ad una sorta di electro ambient. Stimolante anche per chi non comprende il francese. (Gilberto Ongaro)