

			
EDOARDO BENNATO  "Edo rinnegato"
   (1990 )
		
			 Di Bennato si può dire qualsiasi cosa, ma non che non abbia avuto coraggio. Usciva con due album in contemporanea o quasi, parlava di patria, famiglia e calcio senza cadere mai nella bieca retorica, passava dal rock all’elettronica e la scampava sempre. Dopo il successo di “Abbi dubbi”, riuscì ad interpretare con Gianna Nannini la sigla dei mondiali del ’90, “Un’estate italiana”, con successo planetario. Riuscendo a rendere credibile una canzone commissionata che, come tutti i prodotti di questo genere, era un coacervo di banalità e luoghi comuni. Proprio in contemporanea con gli occhi spiritati di Schillaci e le uscite a vuoto di Zenga, Bennato uscì con un lavoro che all’epoca venne definito “disco acustico”. Stolto: avesse aspettato due anni, sarebbe stato definito “unplugged”, e magari avrebbe avuto dozzine di passaggi televisivi. Ma era arrivato, come sempre, un attimo prima. “Edo rinnegato” era una raccolta, voce e chitarra, di suoi brani precedenti, non certo quelli di prima fascia, ma tante piccole chicche forse oscurate dai gatti e dalle volpi, dalle canzonette, dalle mamme e dai goal. Nella tasca del disco c’erano anche gli accordi, nel caso in cui qualche buonanima avesse voluto cimentarsi con “Venderò” e altri piccoli gioiellini. Buon successo, in un momento in cui Bennato avrebbe potuto davvero far qualsiasi cosa: ma anche prova di coraggio, perché un “pre-unplugged”, all’epoca, non era esattamente ciò che ci si poteva aspettare come manovra commercialmente azzeccata. Ma, come detto, il coraggio Bennato lo aveva davvero nel sangue. (Enrico Faggiano)
Di Bennato si può dire qualsiasi cosa, ma non che non abbia avuto coraggio. Usciva con due album in contemporanea o quasi, parlava di patria, famiglia e calcio senza cadere mai nella bieca retorica, passava dal rock all’elettronica e la scampava sempre. Dopo il successo di “Abbi dubbi”, riuscì ad interpretare con Gianna Nannini la sigla dei mondiali del ’90, “Un’estate italiana”, con successo planetario. Riuscendo a rendere credibile una canzone commissionata che, come tutti i prodotti di questo genere, era un coacervo di banalità e luoghi comuni. Proprio in contemporanea con gli occhi spiritati di Schillaci e le uscite a vuoto di Zenga, Bennato uscì con un lavoro che all’epoca venne definito “disco acustico”. Stolto: avesse aspettato due anni, sarebbe stato definito “unplugged”, e magari avrebbe avuto dozzine di passaggi televisivi. Ma era arrivato, come sempre, un attimo prima. “Edo rinnegato” era una raccolta, voce e chitarra, di suoi brani precedenti, non certo quelli di prima fascia, ma tante piccole chicche forse oscurate dai gatti e dalle volpi, dalle canzonette, dalle mamme e dai goal. Nella tasca del disco c’erano anche gli accordi, nel caso in cui qualche buonanima avesse voluto cimentarsi con “Venderò” e altri piccoli gioiellini. Buon successo, in un momento in cui Bennato avrebbe potuto davvero far qualsiasi cosa: ma anche prova di coraggio, perché un “pre-unplugged”, all’epoca, non era esattamente ciò che ci si poteva aspettare come manovra commercialmente azzeccata. Ma, come detto, il coraggio Bennato lo aveva davvero nel sangue. (Enrico Faggiano)