BYENOW  "Byenow"
   (2020 )

Sornione, elegante e meditabondo, impiega il giusto tempo per insinuarsi sottopelle il debutto su Out Stack Records e Fooltribe di Andrea Dellapiana (voce e chitarra) e Nicholas Remondino (batteria e percussioni), in arte Byenow. Legati da lunga amicizia, nascono artisticamente nel 2016, approdando oggi alle dieci tracce di un esordio segnato da tessiture tenui, docili, levigate. Album gentile che oscilla pigro e suadente tra atmosfere laid-back, affascina grazie al garbo che porta in dote.

Non si tratta di una semplice giustapposizione di fattori, men che meno del classico duo rumorista che schiamazza per occultare carenze compositive. Ne è piuttosto l’antitesi. Suonano altresì come fossero una band di svariati elementi, porgendo con grazia sopraffina canzoni ben scritte ed ancora meglio arrangiate ed interpretate. Idee fluide e brillanti (il refrain a due voci di “Rooted”, i rumori di fondo che rendono straniante “Playground”) confluiscono in un disegno la cui resa è enormemente superiore alla somma delle parti.

L’opener “Window”, con il suo timido crescendo sulle ali di un chorus delizioso e di una percussività che si tiene quasi in disparte per tutto il disco, è emblematica di uno stile tangente a mille possibili pietre di paragone, ma poco contano gli accostamenti papabili a nomi più o meno illustri.

“Stay away” mi ricorda Jack Johnson, mentre altrove fanno capolino piccole suggestioni jazz (“Float”) in brani che mai esagerano, restando entro i confini di una proposta sorretta ed impreziosita da un luminoso senso della misura eletto a stile. Ovunque evitano azzardi di maniera o scivoloni improvvidi verso un intimismo melenso, ben volentieri relegato in disparte. Sono canzoni fragili sviluppate gradualmente, sempre in punta di chitarra (“Cracking leaves”, col suo falsetto languido), talvolta confidenziali alla maniera di Justin Vernon (il giro solitario e spoglio di “EYEsUN”), altrove memori del Mark Kozelek periodo Red House Painters, epoca “Songs for a blue guitar” (“The omnivore’s dilemma”, chiusura fremente e sospesa).

Musica rarefatta, lieve, raffinata: così amabilmente carezzevole che ti mette voglia di abbracciare qualcuno. (Manuel Maverna)