TRIO PIPELINE  "Kakuan suite"
   (2021 )

Clarinetto, contrabbasso, batteria. Come vedete, in questo trio manca uno strumento armonico (che faccia accordi). Ci sono due linee melodiche da seguire, una principale e una d’accompagnamento, e l’elemento percussivo. Il Trio Pipeline assume così una connotazione tribale, dove i tre strumenti dialogano costantemente, creando spesso degli unisono complici, con un amalgama, un affiatamento che ogni tanto li fa scambiare per un corpo unico. Questa “Kakuan Suite”, uscita per la We Insist! Records, si ispira alle dieci tavole zen disegnate dal maestro Kakuan, incentrate su un allegorico toro. Musicalmente, è una storia astratta diluita in dieci parti, in cui gli elementi della narrazione, che costituiscono i titoli, sono ottenuti tramite anagramma. A parte l’introduttiva “Le corna” e la conclusiva “La coda”, composte dal trio insieme, il nucleo centrale è nato dalla mente del clarinettista, Giancarlo Nino Locatelli. Le sue parti si chiamano “Rito”, “Roti”, “Tiro”, “Tori”, “Irto (take 2)”, “Orti”, “Otri” e “Irto (take 1)”. Se non stai attento, è difficile sentire lo stacco da una traccia all’altra, se non proprio quando si fermano, e non succede sempre. Il clarinettista alterna fasi melodiche e ritmiche, a imitazioni animali, come in “Tiro”, dove si avverte la simulazione di un ambiente selvaggio, una giungla. Il batterista Cristiano Calcagnile asseconda l’inclinazione, e in quei momenti inizia a grattare i piatti di lato, emettendo fischi lancinanti, o brillanti scampanellii. L’utilizzo delle percussioni passa dall’essere elemento ritmico a rappresentazione sonica della materia di per sé: pelle, legno, metallo. Anche quando la musica assume sembianze familiari, come in “Rito”, la sorpresa è dietro l’angolo, senza soluzione di continuità. Da un lento walking bass, si passa a nervosi incisi. Così anche in “Roti”, dove un tema inquieto viene seguito anche nelle sue pause, i tre musicisti si silenziano contemporaneamente più volte, per poi concedere un rassicurante swing. In “Irto (take 2)” l’impianto base è costituito da bicordi del contrabbasso di Andrea Grossi, che spesso forma un tritono (il diabolus in musica). Il trio non utilizza solo le note, ma anche la consistenza fisica dei propri strumenti; e anche l’elemento materico delle corde del contrabbasso diventa preponderante, in “Orti”. Stranamente, questo brano agitato termina con un intrigante andamento blues da night club. “Otri” riaccende l’attenzione con un tema in 6/4 di clarinetto. Non hai il tempo di afferrare cosa succede, che il trio inizia a rallentare, per entrare in una fase straniante, in cui il contrabbassista prende in mano l’archetto e suona note dilatate e malinconiche. Infine “Irto (take 1)” ripropone “Irto” in maniera differente. Resterà un mistero il perché prima ascoltiamo la versione 2, e poi la 1. Infine un’esplosione di piatti apre “La coda”, dove il fiato torna ad imitare forse un qualche uccello sconosciuto, mentre gli altri contribuiscono a crearne il corpo. E con questa chimera, finisce la “Kakuan Suite”. Per chi ama le forme più sperimentali del jazz, evitando i cliché. (Gilberto Ongaro)