FINAZ  "Cicatrici"
   (2021 )

I percorsi solisti contengono spesso delle perle, non incasellabili nella storia di una band. Non fa eccezione Finaz, chitarrista dei Bandabardò, giunto al suo terzo lavoro solista “Cicatrici”. Non è un album con un filo conduttore; piuttosto una raccolta di idee, anche molto diverse fra loro, legate però da un elemento: le trasformazioni della chitarra, che simula altri strumenti.

Ma andiamo con ordine, e in crescendo di stupore. Partendo dai pezzi leggeri normali, con la chitarra riconoscibile, in levare reggae su fondo pop (“Just like always”) o blues (“Follow your mind”), si passa ad ospitate raffinate come Petra Magoni, che canta la titletrack, la quale, girando per la tangente nel testo, sembra affrontare il tema della convivenza con un uomo violento. E lì, le sei corde si fanno morbide e quasi timorose nei confronti della voce di Magoni, e dei suoi vocalizzi finali.

La chitarra si ammorbidisce anche nella romantica e dubbiosa “Dici che non è amore”, cantato da Gianbattista Galli. Lo stesso sound di chitarra si trova in “Hotel K”, strumentale con tanto riverbero, che crea un'atmosfera desertica e nebbiosa. A metà, la chitarra incontra la dobro, che è protagonista in altri due brani: “Mojave song” e “Heart of stone”, cantata da Alex Ruiz. Su quest'ultima la dobro fa le sue classiche note scivolate (slide) che fanno sempre venire i brividi, nel giro blues.

Ci sono anche due cover: una strumentale, “Tu si 'na cosa grande”, dove la chitarra mantiene il potenziale drammatico dell'originale di Modugno, e una cantata, “I want you” di Tom Waits, dove lo strumento assume un suono vitreo. Sembra una serie di carillon.

E siamo arrivati alla top five, dove lo strumento di Finaz inizia a confondere le idee. Dapprima due incursioni etniche: in “Marrakech moon” la chitarra si traveste da oud, accompagnando la voce di Sara Piovani dei Caravane de Ville, e in “Bambaya”, dal chiaro sentore africano, sentiamo i cori accompagnati da delle percussioni. Ma non c'è nessuna percussione: è sempre l'elaborazione effettistica delle corde! Il meglio, Finaz lo dà nei tre pezzi che guardano alla musica classica: “The string theory” e “Mozartiana” simulano sezioni orchestrali, e “Piccola sonata” trasforma la chitarra in un violino tremolante, intonando una melodia a metà tra lo stile di Vivaldi e quello di Matthew Bellamy.

Che dire, Finaz è un mago della chitarra, nel senso che fa giochi di prestigio, e va ascoltato con l'approccio della meraviglia. (Gilberto Ongaro)