PETR KOTIK & TALUJON  "The plains of Gordium"
   (2022 )

L’esecuzione di The Plains of Gordium del brillante compositore Petr Kotik da parte dell’ensemble di percussioni Talujon, uscita per Unseen Worlds Records, è un viaggio interstellare che alla sperimentazione affianca la tradizione e nel quale ogni singolo tocco è avvolto nel mistero e la labirintica visione della musica che ha Kotik emerge in tutta la sua maestosità.

Nell’esplicare la scelta del titolo di The Plains of Gordium Petr Kotik ha portato alla luce un evento storico della tarda classicità avvolto nella leggenda. Stiamo per entrare nell’ellenismo: Alessandro Magno è entrato trionfalmente nella frigia Gordio, dove lo aspetta un enigma che riesce a risolvere. Di questa storia sopravvive giusto una parabola, la celebre leggenda del nodo di Gordio. Mentre, nel 2004, navigava in acque turbolente, di fronte a una realtà che gli appariva sempre più incomprensibile e a una serie di difficoltà irrisolvibili e oscure, Kotik compone questo lavoro in estate e lo dedica a Charlotte Kotik. Nel frattempo, coincidenza volle che un ensemble di percussioni (i cechi Dama Dama, che poi non poterono eseguirlo) gli chiedesse un pezzo: si trattò della congiuntura giusta, e Kotik capì che era giunto il momento di concludere l’opera.

Come spiega Kotik stesso nelle note all’opera, The Plains of Gordium – la cui esecuzione qui presa in esame, benché pubblicata soltanto pochi mesi fa, risale al maggio 2018 – appartiene a un gruppo di composizioni da lui inaugurate nel lontano 1971 basate su uno “steady pulse”. Benché ognuna di queste opere – tra le quali vi sono If I Told Him, Many Many Women e molte altre – esista in una dimensione a sé, tutte sono in qualche modo collegate tra loro per lo stile, la ricerca sonora e il risultato finale, tanto che, sostiene Kotik, “parts of them can be mixed in a collage-like performance”.

Se la coerenza che The Plains of Gordium mostra con queste sue sorelle è evidente e ci viene confermata dallo stesso autore (che, anzi, ci fornisce una serie di indizi fondamentali senza i quali sarebbe ancor più complesso comprendere l’essenza e la progettualità del lavoro), altrettanto chiara è la coesione interna tra i vari momenti del pezzo, pigre fasi lunari che si susseguono e si affastellano, un sistema di segni stimolante e complesso, e altrettanto palese è lo straordinario impegno profuso dall’ensemble Talujon, dal valore e dal talento cristallini.

La metodologia compositiva e il progetto artistico che sta dietro a The Plains of Gordium e alle opere a essa sorelle sono complicati e multiformi, basati, per provare a semplificare e – purtroppo – a banalizzare la cosa, su una potenziale non finitezza dell’opera possibile proprio grazie all’approccio che Kotik ha adottato sin dalle prime composizioni di questa sorta di ciclo, una serie di pezzi che dalla fine degli Anni Settanta a oggi ha deciso di deviare in questa direzione. Per usare le sue parole, siamo di fronte a un “endless continuous piece with changing instrumentation” che in qualche moda fonda le sue radici su una sua composizione di più di quarant’anni fa, Drums, che era basata su un “differently tuned set of four drums, all locked into a steady pulse”.

Nella sua magniloquenza che sa all’improvviso diventare sincera fragilità e che a tratti si trasforma quasi in una paura di rompere gli schemi e di giungere a un punto di non ritorno, The Plains of Gordium è un manifesto di straordinaria rilevanza all’interno del curriculum di Kotik, un’opera dal grande valore e capace di inserirsi con coerenza e coraggio entro una tipologia di ricerca artistica e di progettualità che l’autore va conducendo da decenni e che in qualche modo, come il pezzo stesso, sembra non esaurirsi mai. (Samuele Conficoni)