MORETTI  "Moretti ha fatto anche cose buone"
   (2022 )

Quando un artista gioca la carta dell’ironia e non si prende troppo sul serio (tra l’altro, in questo caso, parliamo di un “rider” nel tempo libero), ecco che emergono fattori attrattivi poiché si evince che, sottotraccia, ci sia una sana umiltà di fondo. Ed il cantautore milanese Moretti (Federico Oliverio) la risalta nell’album d’esordio “Moretti ha fatto anche cose buone”, edito dalla Bradipo Dischi, con uno stilismo che riporta in vetrina la storica tradizione cantautorale italiana, con una sestina di singoli (spalmati nell’anno corrente), che han fatto da ouverture all’opera.

Dopo l’esperienza con i Five’o’Clock, Moretti decide nel 2013 di camminare soltanto con le sue gambe per arrivare, cosi, a questo debutto molto, molto promettente, che rilascia i suoi umori con una “Introduzione” tra strambi fragori iniziali e garbata acustica; e, quando passa la mano a “La hit dell’estate” e al “Bosco verticale”, aleggia l’ombra di Brunori sas, conservando tuttavia una griffe distintiva e gradevole.

Poi il nostro eroe agita lo spartito con la dilettevole “Vincenzo io ti spacco il culo”: Fortis che funge da richiamo? Beh… difficile non pensarlo, però Moretti intrattiene, diverte, fa battere il piede col suo affabile piglio sarcastico, cosi come con l’esotica “San Junipero” in un narrato fitto ed incalzante.

A seguire, “Love Crash” centra il bersaglio della vitalità sonora, con un atto scorrevolissimo, forgiato in bello stile, ma la top-song arriva con “Miami o non mi ami”, con le chitarre che speziano sapori internazionali à là Snow Patrol e qui, come diceva Bruno Pizzul in telecronaca: “Tutto molto bello…”.

Ma non solo qui, intendiamoci: basta spostarsi nella coraggiosa e graffiante chiusura affidata ad “Antiedipo” per avere l’ennesima riprova che questo di Moretti è un disco schietto, bipolare, anticonformista, all’occorrenza irridente ma non sprezzante, che si divide tra risvolti quotidiani e oscurità esistenziali, con un inchiostro figlio di notti insonni ed un risolutivo voyeurismo cantautoral-ispirativo. Un “rider” rubato alla musica: che consegna! (Max Casali)