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INGAR ZACH  "Strumento di etimo incerto"
   (2023 )

Si può trovare una melodia intonata, all'interno di un rumore indeterminato, come quello di un tamburo? Ecco lo scopo della ricerca di Ingar Zach, musicista che abbiamo già incontrato più volte, che ha compiuto esperimenti di diverso tipo. Questo “Strumento di etimo incerto”, uscito per Aspen Edities, si collega a “Musica liquida” del 2022, che racconto qui: http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=9615.

Anche stavolta, resta irrisolta una mia curiosità: perché i titoli delle tracce sono in italiano? Ingar Zach è belga, e sia per “Musica liquida”, che per questo “Strumento di etimo incerto”, ha collaborato con Oslo. Il primo brano, di quasi 23 minuti, prende il nome di “Cicchitaredu”, termine chiaramente siciliano. Ma lasciamo da parte questa mia curiosità linguistica. Qui sentiamo un flusso sonoro molto grave, che probabilmente è quello che proviene dalla... grancassa, e una ritmica in cui si distingue chiaramente il rullante, suonato con “spazzole”, tra mille virgolette. Tutto il resto è una fitta texture armonica, ottenuta sempre elaborando il suono di grancassa, rullante e timpani, tramite oscillatori ed altoparlanti!

Verso gli ultimi minuti il ritmo si dissolve, lasciandoci a suoni prolungati e distesi, che sembrano quelli ambient di Brian Eno. Scusate l'esempio televisivo (anzi non mi scuso, sorry-not-sorry, è tempo di rivalutare il valore delle trasmissioni storiche), ma l'atmosfera finale è proprio quella di una vecchia sigla del TG3, quella composta per l'appunto da Brian Eno. Per questo, si fa fatica a immaginare che tali suoni eterei provengano anch'essi dalle percussioni.

La seconda parte dell'album sono sei tracce, intitolate “Le finestre”. Qui abbiamo altri risultati ottenuti dalle vibrazioni di percussione, come certe trapanate nella parte... Diciamo che qui l'effetto è meno straniante, nel senso che si capisce che si tratta di pezzi della batteria, una volta ambientati in questa nuova dimensione timbrica, ma è comunque interessante.

Ultimo esperimento è “Davoli”, un bordone. Quasi dieci minuti di “drone” music, potremmo dire: è un suono gravissimo ed avvolgente, come si fa nell'ambient, raggiunto solo verso la fine da scampanellii più acuti. Questo risponde alla domanda iniziale: si possono intonare note, partendo da un rumore indeterminato? A quanto pare sì. (Gilberto Ongaro)