recensioni dischi
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MENK'  "Menk'"
   (2023 )

Quando il vino da meditazione è anche da rivolta, o da convivio.

Rumori industriali, suoni acustici ed elettroacustici o numerici che hanno l'apparenza di vecchi modem che funzionavano già quando era in piedi il muro di Berlino. Esercizi di respirazione per postumani, mantra sonori alla Brian Eno, ma decisamente più europei, che fanno venire la voglia di tirare fuori qualche bel disco di Karlheinz Stockausen o degli Einsturzende Neubauten.

Sarò un patito inguaribile dei Floyd di Barrett ma ci sento anche qualche eco di quel periodo (come se in un'altra stanza stesse girando sul piatto un vinile di "The piper at the gates of dawn")... E poi stranianti melodie orientali, colpi di frusta sonori a suon di virtuosismi sulle corde e poi pacate sedimentazioni, in una musica mai stancante e mai stanca, che ha molto a che fare con l'elettronica ma che ha anche la pretesa, e ci riesce ampiamente, di risultare qualcosa di molto vivo, più vivo peraltro di molti che l'ascoltano, una forma organica, un'entità biologica che splende di luce propria e per vie arcane riconcilia con la realtà là fuori.

Prende il nome dall'armeno "Menk'" che significa "noi" - è stato registrato in un sol giorno in una chiesa armena e la dimensione metafisica e ieratica si sente - il lavoro a quattro mani e quattro orecchie di Xabier lriondo (chi ha amato gli Afterhours gli deve molto specie per le sonorità più sperimentali) e Franz Valente. Il duo condivide da tanti anni amicizia e progetti musicali e ora torna con un lavoro che alterna in modo intelligente e mai banale sistemi di creazione sonora come piatti, harmonium, strumenti a corda, elettronica, percussioni metalliche, rullante e chitarra elettrica.

Un disco per pochi e non per tutti, se si volesse banalizzarlo con un vecchio slogan. Ma va bene così, parbleu. Perché va detto che il disco esce mentre là fuori nei negozi digitali e nei pochi fisici rimasti le vetrine sono contese dai redivivi Stones (cui va tutta la stima di chi scrive anche per aver coinvolto nel video di traino quel gran pezzo di attrice che è Sydney Sweeney), e poi da quell'ormai ex Floyd iracondo e rimbambito sul piano geopolitico di Roger Waters, e dai redivivi Beatles ossia da ciò che ne rimane (bel modo di fare pubblicità alla intelligenza artificiale, il povero Lennon chissà che ne avrebbe pensato davvero).

Quella dei Menk' è invece una sperimentazione che caparbiamente difende la capacità della musica di reinventarsi e sperimentare senza fermarsi a cliché, percorrendo strade diverse, laterali, parallele, dando udienza a pulsazioni che giungono dal profondo dell'anima e si irradiano nel cervello dando come onde alfa una prospettiva inattesa e quantomai benefica oggi di serenità e pace.

Un disco importante, certo non facile ma necessario oggi per tutte le ragioni suddette (potrebbe anche a ben vedere esprimere una forte valenza didattica) e per il cui ascolto come si deve è necessario, come ho già detto in altre occasioni, meno cerume nelle orecchie, cuffie o impianto stereo almeno decenti. L'ascolto vi ricompenserà degli sforzi fatti.

Un disco che è probabilmente più avanti dello stesso tempo in cui esce, disorientato e critico e disattento, non pronto alle vere novità di sostanza e in questo caso "di pancia", concrete, non aleatorie e non masturbatorie sul piano intellettuale. Eppure ci sono già stati dischi così, carnali e densi e compositi, incompresi eppure fondamentali, penso a ''Sandinista'' dei Clash, a tutto Nick Drake di cui ci prepariamo a ricordare il cinquantenario della scomparsa, penso a ''Exposure'' di Fripp. Anche Stravinsky e Mahler faticarono peraltro a farsi accettare, quindi questi Menk', se non arriderà loro il successo che auguriamo loro, sappiano che sono in ottima compagnia e devono continuare a lavorare a pancia a terra fregandosene dell'establishment cui immagino hanno già voltato ampiamente e convintamente le terga.

Voto 9. Immagino sia irripetiile dal vivo questa magia sonora, ma hai visto mai? Cioè: visti gli sfracelli che compiono live gente come i Chemical Brothers, perché non tentare? Questa è gente che ama la musica e la fa amare. (Lorenzo Morandotti)