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PINO NUVOLA  "A fronte praecipitium, a tergo lupi"
   (2024 )

“A Fronte Praecipitium, A Tergo Lupi” è l’attimo prima del salto, quando l’istinto prevale sulla razionalità, spogliandoci delle nostre vesti umane e svelando l’animale che è in noi. La fuga, la redenzione, la rinascita”. Così presenta il chitarrista veneto Stefano Durighel, in arte Pino Nuvola, il suo nuovo disco uscito il 26 marzo 2024 sotto l’etichetta Pipapop Records.

Si sa che le opere d’arte, soprattutto quelle musicali, rispecchiano il sentire e gli atteggiamenti caratteristici della società in un determinato momento storico… Infatti, anche in questo caso l’istinto dal quale Durighel parte per la composizione del disco è la paura, che nel mondo odierno fa da padrona e che ci spinge a vedere la redenzione e la rinascita nel salto e nella fuga, cioè nell’allontanamento da una fonte di pericolo, piuttosto che nell’amore e nella speranza.

L’autore s’immedesima quasi nell’istinto di fuga del camoscio, animale che trascorre e difende la propria vita scappando dai lupi. È quindi portato ad associare questa realtà soggettiva e oggettiva al modo di dire latino “A fronte praecipitium, a tergo lupi” (“Davanti il precipizio, dietro i lupi”) e a trasporre i relativi stati d’animo in momenti chitarristici dal ritmo incalzante e più o meno ripetitivo, come la fuga del camoscio e, in generale, di tutti gli esseri impauriti.

Fin dal primo ascolto si può sentire un’abbondanza di suoni, resa possibile da un’abilità tecnica di alto livello. Non essendo ancora disponibili in rete delle riprese video per ogni brano, è poco chiaro se la sovrapposizione di arpeggi, accordi e linee melodiche principali viene realizzata interamente “in tempo reale” con una chitarra sola oppure se vengono usate delle basi preregistrate… ma non importa; ciò che conta è il risultato finale, che fa immergere l’ascoltatore in una movimentata foresta sonora.

Il camoscio disegnato sulla copertina del disco sembra essere il protagonista dell’intero concetto e la versione in latino del suo nome dà il titolo al brano centrale, il quinto: “Rupicapra”, uscito inizialmente come singolo e accompagnato da un video in cui nell’ambiente naturale del bosco di montagna si esibisce la ballerina e coreografa Laura Moro.

Almeno dal punto di vista ritmico, sembra che “Rupicapra” sia una continuazione del tema musicale del secondo brano presente sul disco, intitolato “A fronte praecipitium”. Introdotto da un primo brano molto breve, “Preludio”, “A fronte praecipitium” è come una vera e propria corsa del camoscio (e di chi ascolta la musica) verso il precipizio, per sfuggire dai lupi che nel terzo brano, dal titolo “A tergo lupi”, lo stanno inseguendo affamati.

La sorpresa del quarto brano è un improvviso ritmo lento, forse crepuscolare, che ci tiene fermi e allucinati per più di sei minuti: probabilmente lo stesso effetto che la pianta Datura Stramonium, quella che ha dato il titolo al brano, produceva sulle leggendarie streghe facendole viaggiare verso il sabba.

L’immaginazione dei popoli (e chissà, forse non solo l’immaginazione) attribuisce a questa pianta velenosa il potere di facilitare l’incontro tra le streghe e il diavolo… lo fa sapere anche il suo nome popolare, “erba del diavolo”. E, guarda caso, il diavolo che loro incontrano e per il quale festeggiano nel sabba ha proprio le sembianze di un caprone. Tutto è quindi connesso – paura, camoscio, diavolo – e la maestria artistica di Stefano Durighel ci fa sperimentare il tutto solo attraverso l’ascolto della sua musica.

“Datura Stramonium” e “Rupicapra” ci prendono per mano e ci conducono verso un’altra misteriosa pianta, madre dell’assenzio: “Artemisia” è il sesto brano dell’album, anch’esso uscito prima come singolo, nei cui ultimi minuti si sente l’improvviso e originale intervento dell’artista Dnezzar alla tastiera e agli archi. Con “Artemisia” ci si immerge in un’atmosfera onirica, in un altrove.

Una volta arrivati nell’altrove, siamo poi presi in una vera e propria danza delle streghe, che, nella fantasia di chi ascolta, muovono i fianchi sul ritmo del brano non a caso intitolato “Vertigo”. E insieme alle streghe danzanti arriviamo senza rendercene conto vicino all’edera, pianta arrampicante come una scala che congiunge la terra e il cielo. Infatti, il brano “Edera” ha come caratteristica l’alternanza veloce e ossessiva sulla scala musicale fra suoni più bassi e suoni più alti uniti da arpeggi.

Come “Rupicapra”, anche “Edera” vede la partecipazione coreografica di Laura Moro e, anche se un video al riguardo non è ancora disponibile, l’ascoltatore può facilmente immaginare dei movimenti in piano piuttosto verticale, per esempio usando le braccia per indicare in alternanza il cielo e la terra.

Il disco si conclude con due titoli ottenuti separando – come nel caso di “A fronte praecipitium” e “A tergo lupi” – un’espressione verbale unica: partendo da “viperae venenum” (“il veleno della vipera”), uno s’intitola “Venenum” e l’altro “Viperae”. Entrambi si distinguono per un equilibrio compositivo e per una virtuosità interpretativa a cui probabilmente J. S. Bach, se fosse ancora vivo, non rimarrebbe indifferente.

Pensando però al significato dei due titoli, si tende a ipotizzare che forse l’autore veda come via d’uscita, per salvarsi dai lupi e dal precipizio, l’avvelenarsi come Cleopatra… Ma ci auguriamo che così non sia e che la vita possa continuare a vincere sulla morte. (Magda Vasilescu)