recensioni dischi
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THE CLASH  "The Clash"
   (1977 )

Il lavoro d’esordio dei Clash rischia di essere frainteso.

Sbaglia chi lo considera un fratellino minore di “Nevermind The Bollocks” e sbaglia chi lo considera un disco sfrenato e rivoltoso. Certo, è ruvido e le parole lo sono ancora di più; ma è già distaccato dal punk dei Pistols. È un’evoluzione di quel punk.

Sotto il profilo strettamente contenutistico, questo disco potrebbe essere tranquillamente considerato il migliore disco punk. Ma giustamente non è considerato tale, proprio per quella filosofia punk che diceva “meglio un fiasco chiassoso che un inutile successo”. Infatti questo disco è troppo ben riuscito per poter aspirare ad essere il massimo rappresentante del punk.

Concessi i testi e l’approccio rivoltoso, ascoltando attentamente il disco, si può notare un’evoluzione rispetto al punk originario. Nella sua potenza e sfrenatezza, c’è già un gusto estetico e una capacità di variare i temi musicali pur rientrando nei canoni del genere, davvero notevole. Al fianco dei pezzi più spaccaossa come “White Riot” o ”London’s Burning” ce ne sono molti altri davvero originali e freschi più di qualsiasi brano punk mai fatto, come “(White Man) In Hammersmith Palais” o “Police & Thieves”.

Altra caratteristica fondamentale è la sincerità. “The Clash” è più che altro una raccolta di inni di battaglia. Il gruppo non ci pensa nemmeno ai suoi guadagni; mette tutti i suoi brani migliori (fino a quel momento) in un unico lavoro, noncurante del marketing. E questo è molto punk!

Si parte con “Clash City Rockers”, riff secco, voce aspra e velocità. Ma non è il punk mefistofelico dei Pistols. È veloce, ma anche melodico ed orecchiabile. Insomma sembra già punk-rock. Il miglior punk-rock di sempre.

“I’m So Bored With The U. S. A.” accentua le tematiche politiche del gruppo. Altro riff ad alta tensione, altra melodia perfetta. Il refrain sembra davvero un inno di rivolta.

Con “Remote Control” si inizia a delineare chiaramente il forte gusto melodico del gruppo. Non è un pezzo leggero, è forte e ben scandito, ma si fonde con la melodia allettante in modo esemplare. “Complete Control” è ancora meglio. Una fusione impeccabile di chitarre sferzanti, motivi godibili, ritmica incalzante e momenti suggestivi di dolcezza. Ah! C’è anche un assolo! Il tutto in circa tre minuti. A posteriori, risultano chiari gli sviluppi (vedi 'London Calling' e 'Sandinista!') dell’epopea Clash…

“White Riot” è un brano come dire… rivoltoso! È una scarica di elettricità. Si avvicina più ad un coro popolare che ad una canzone. Rappresenta l’anima ribelle dei primi Clash, “(White Man) In Hammersmith Palais” risulta strana a sentirla le prime volte. Un’ondata di chitarre (bellissima), unita però a dolci coretti. Tutto il brano segue quest’ibrido suggestivo e ben riuscito. Canto spezzato, a volte aspro a volte dolce. Punto massimo quando entra l’armonica e si fonde con la trama sonora della canzone. Piacere puro. Perfetta in tutte le sue parti.

“London’s Burning” è un pezzo incisivo. Non come “White Riot”, ma comunque trasmette rabbia e sudore. Sincero e genuino come tutte le canzoni dei Clash. “I Fought The Law” inizia con un rombo di batteria. Ha un bel ritmo deciso ed una melodia ancora meglio. Tra le canzoni dei Clash più famose.

“Janis Jones” è un continuo crescendo che si chiude con cori spensierati. “Carter Opportunities” è un pezzo veloce. La batteria ha un ruolo fondamentale nel dettare i tempi ma soprattutto negli stacchi tra una strofa e l’altra. Naturalmente i Clash ci propongono l’ennesima melodia superlativa.

“What’s My Name” è il brano più fiacco del disco. Ma comunque non male. “Hate & War” si avvicina al rock più classico, mantenendo la forza della musica punk. “Police & Thieves” è tra le canzoni più belle del disco. Davvero originale. Ruota intorno alla batteria; la chitarra abbozza qualche nota qua e là, condita da coretti e il canto che ricorda vagamente il reggae.

“Jail Guitar Doors” è allegra e scanzonata. Pur non essendo il massimo dell’originalità, non risulta ridondante. Come succede spesso nei dischi dei Clash l’ultima traccia è riassuntiva dell’intero disco. “Garageland”; melodia accattivante e con varie sfumature di tono, cori, chitarre elettriche, ritmica forte fanno di questo brano una degna chiusura per un disco sensazionale.

Non aspettatevi da “The Clash” solo nichilismo punk, perché troverete molto altro. I Clash nel ’77 dimostravano già la loro vena melodica e la loro capacità di variare e quindi di non stancare mai. Ma se cercate questo, ascoltatevi prima gli altri lavori del gruppo perché qui la cosa fondamentale è una sola: LA RIVOLTA! (Fabio Busi)