JONI VOID "Every life is a light"
(2025 )
Scusate la questione di lana caprina, ma conosco i lettori e la tendenza a sbuffare quando trovano nuovi termini, o termini vecchi che però non conoscevano. Faccio il punto sulla bellissima parola “sampledelia”. È l'unione di “sample” (campionamento) e “psichedelia”. Indica che l'effetto psichedelico non viene ottenuto tramite una scrittura ipnotica o con la modifica dei suoni, bensì con l'oculata scelta dei campionamenti. A ben pensarci è una pratica nota, ma mi mancava il termine.
Uscito per Constellation Records, “Every Life Is A Light” è un viaggio sampledelico firmato Joni Void, artista multimediale francese precedentemente noto come Johnny Ripper. I brani sono costruiti su frammenti che pescano da atmosfere trip-hop, lounge, chillout, quindi tendono ad essere rilassanti. Ma, come spesso accade quando si crea una zona liminale, il relax va di pari passo con l'inquietudine, o meglio, con il perturbante. Perché i suoni sono tutti familiari, ma al contempo c'è qualcosa che non torna.
A questa sensazione contribuisce la voce dell'ospite Haco sulla traccia “Time Zone”, e quella di Ytamo in “Cloud Level”, pezzo dal titolo significativo nel descrivere la consistenza gassosa, aeriforme di questa musica. È un abbraccio gommoso, con suoni di zucchero filato, senza mai risultare indigesto. Altro titolo che dice molto è “In-Between Places”, luoghi nel mezzo. Quegli spazi che Augé definisce non-luoghi perché sono il tramite da un luogo all'altro, ad esempio da una casa a un monumento: strade, stazioni, sale d'attesa... La musica di questo brano è tutta sospesa, fino a uno scoppio ritmico senza preavviso che disorienta.
Il campionamento polveroso di pianoforte di “Muffin – A Song For My Cat”, circondato da un beat downtempo à la Moby e certi effetti elettronici, oltre ai miagolii nascosti e un carillon volutamente fuori tonalità, tutti questi elementi nell'insieme sono commoventi, raccontano una storia senza dire nulla, solo con le sensazioni suscitate.
“L'Empire Des Lumières” è il nome di un celebre quadro del mio pittore preferito, René Magritte, che raffigura una casa in piena notte, illuminata solo da un lampione, ma in alto è pieno giorno, col cielo azzurro e le nuvolette bianche! La traccia musicale omonima è fatta da misteriosi tintinni luminosi, che però creano più domande di quanto illuminino.
“Story Board” ci proietta nelle sonorità della realtà virtuale vintage, tra suoni 8 bit e reminiscenze della Nintendo Wii e affini. Il rapper Pink Navel qui è ospite con le sue barre. In “Vertigo”, Joni Void ospita Sook-Yin Lee, che suona il basso e canta una melodia ipnotica, processata con vari effetti, garantendo un effetto di spaesamento, assieme a tutti i suoni che circondano la voce.
“Death Is Not The End” mescola delle note di chitarra acustica a un pattern melodico dal suono mellifluo, accompagnati da bassi da dub, e la voce che in sordina recita il titolo, mentre scorrono voci vive e divertite, come ricordi che compaiono uno dopo l'altro. Perché ogni vita è una luce, come dice il titolo dell'album, e le luci lasciano la loro scia nell'universo, anche quando la fonte che ha generato quella luce si è esaurita secoli fa (come le stelle lontane da noi diversi anni luce). Pensando a questo, troviamo la bellezza nel contemplare questo riaffiorare di ricordi sonori, messo in ordine da Joni Void per celebrare il nostro passaggio sulla Terra, e amarne anche i misteri, gli enigmi irrisolti. (Gilberto Ongaro)