DRUUGG "Lost"
(2025 )
Teso e ruvido, feroce a tratti, “Lost” vede l’esordio sulla lunga distanza del quartetto belga Druugg per EXAG’ Records. Nove tracce virulente, soffocanti e rumorose, edificate attorno al canovaccio di un rock sporco e abrasivo, segnano il perimetro di un debutto focoso e veemente, caratterizzato da un’urgenza espressiva malevola e da un registro aspro e disturbante.
E’ musica cupa, sofferta e agonizzante, congesta e satura, un caliginoso martellamento che richiama a tratti le trame schizoidi di Oxbow e Jesus Lizard (la devastante opener “Mélopée”), altrove il rock oscuro e fragoroso dei primi Black Rebel Motorcycle Club (“Je Croyais Pouvoir T’oublier”), o ancora certe inflessioni post-punk d’antan à la P.I.L. (“Feel It”).
Sistematicamente, l’album rinuncia a tessiture più accomodanti, sfiorando i DIIV nella svagata aria shoegaze di “Through The Waves” (risolta in una lunga coda motorik), infilandosi nell’incalzante battito in stile War On Drugs di “Danser Contre Ton Corps”, impennandosi nella tirata dritto per dritto di “Light Is Gone”, memore indifferentemente di Sex Pistols e Cloud Nothings.
Superato il brio effimero di “Stay Away”, il gran finale se lo prendono i quasi undici minuti post-rock di “Rise”: strumentale astratto in catatonico arrancare, simula un crescendo che non approda a nulla, lasciando dietro di sé, in una nebulosa di elettricità tormentata degna dei Women, l’eco confusa e sibillina di un disco ondivago e fosco, lavoro dall’indole infida e dai molteplici livelli di lettura. (Manuel Maverna)