DOS - DUO ONIRICO SONORO "Tech humana"
(2025 )
Un pianoforte, un violoncello e l'elettronica. Il Duo Onirico Sonoro, formato dalla polistrumentista Annalisa De Feo e dalla violoncellista Livia De Romanis, ha un nome che se ridotto in sigla diventa DOS (come il sistema operativo a disco dei computer) e non dev'essere un caso. Il duo pone al centro della propria proposta artistica una riflessione tra umanità e tecnologia.
Questa riflessione si traduce in un flusso musicale multiforme, che si può assaporare in “Tech humana”, il loro nuovo album, uscito per Filibusta Records. Mettendo da parte l'elemento extramusicale, cioè il concetto, il pensiero, la preoccupazione di restare anestetizzati dall'invasione tecnologica nelle nostre vite, sorprende piacevolmente la varietà stilistica che questo disco contiene, rincorsa per rappresentare tale concetto.
Il primo degli otto brani, “Thin Spark”, si apre con un'improvvisazione noise: la pianista sfrega le corde del pianoforte con un oggetto metallico, ottenendo dei rumori di cageiana memoria. La violoncellista idem: sfrega le corde in modo da ottenere dei rumori, dei guizzi che avviano la musica in una dimensione indefinita, che diventa poi ben definita con “All about thinking”, dove pianoforte e violoncello dialogano su accordi di nona, attraversando una temporanea tempesta. È presente un contrabbasso, suonato dall'ospite Jacopo Ferrazza (che abbiamo già incontrato in queste pagine: https://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=9116)
Con “Kalim” invece, la musica diventa momentaneamente atonale. De Feo suona la kalimba (tornando poi al piano) e l'attenzione delle due musiciste verte sulla ricerca timbrica. “From deep of the air” si basa su una cellula melodica di pianoforte, inseguita dalle corde di violoncello con calore. E fin qui, il disco procede del tutto acustico.
Poi arriva “Tala”, aperta da un fondo sintetico. Il violoncello solista viene gradualmente immerso in effetti sempre più liquidi, ottenendo un suono nuovo dallo strumento, mentre De Romanis inizia anche a cantare. La voce da un certo momento si sdoppia. È un brano di forte impatto emotivo. Ora che l'elettronica ha fatto capolino, non se ne va più.
E allora eccoci a “Shifting landscapes” che ospita il sassofonista Simone Alessandrini (ve lo ricordate? Quello di “Storytellers”, https://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=11044). Qui il sax interviene inseguendo le fitte trame elettroniche, in una sorta di deep house sui generis. La titletrack fa dialogare l'elettronica, che mette il violoncello in loop (e a tratti anche in reverse) con dei sospiri di voce messi in griglia ritmica, mentre un arpeggiatore elettronico indomito prosegue la sua cavalcata digitale. La cavalcata prosegue nel brano finale “Growing Spiral”: l'arpeggio viene modificato con gli oscillatori nel suo timbro, aperto, chiuso, cambiato di frequenza eccetera. Non c'è più traccia di violoncelli, pianoforti e altri strumenti acustici.
Restiamo immersi in un oceano digitale. In otto brani abbiamo attraversato la musica atonale, il duo classico e l'elettronica, restando sempre credibili. Chapeau. (Gilberto Ongaro)