ATTILIO SEPE "Spellbound"
(2025 )
Il giovane sassofonista Attilio Sepe sorprende per la scelta stilistica tradizionale. Nel suo disco “Spellbound”, uscito per WoW Records, non troverete jazzcore, fusion o gli ultimi ritrovati del free jazz norvegese, bensì i classici bebop e swing. Eppure, senza guardare all'apparenza, senza saper nulla del volto di Sepe, ad ascoltare i suoi brani, quelli originali come “Vaniquish Souls”, emerge già un sassofonista rodato, forgiato sulle orme dei grandi predecessori.
Sepe suona accompagnato da Marco Marcelletti al pianoforte, Emanuel Van Mieghem al contrabbasso e Gabriel Moraes alla batteria, che seguono il copione stabilito di questo jazz riconoscibile. Assoli, ritmi sincopati e interplay. Stupisce più di una volta il pianista, che in fase d'improvvisazione non si limita a correre in cascate melodiche della mano destra, ma crea anche dei percorsi armonici inconsueti con gli accordi, che ancora sanno disorientare e disattendere le aspettative.
Altra piccola sorpresa è il brano scelto per aprire l'album: “Pure imagination”, noto per provenire dalla colonna sonora del film “La fabbrica di cioccolato” del 1971, con Gene Wilder. Ma appena si avvia la traccia, la perplessità si spegne. La melodia è suonata dal sax accelerata e ritmata, ed è il preludio a un'esecuzione vivace.
Un altro dei brani originali, “Courtesy”, si basa su un gancio di poche note, figlio della scuola di Miles Davis. Per il resto, l'album si adagia su standard come “What's new” e “Along came Betty”. Lo stile di Sepe & soci è amichevole e rassicurante, soprattutto per le aspettative di chi cerca il jazz “normale”, quello senza gli eccessi urlati d'avanguardia, né le soporifere lungaggini “mediterranee”. Virtuosismo puro e “semplice” (semplice da ascoltare ovviamente, non da suonare!). (Gilberto Ongaro)