recensioni dischi
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STEFANO SALETTI  "Mediterranima"
   (2025 )

Scopro adesso (cado dalle nuvole, lo so) che l'esperanto non è stato il primissimo tentativo di fondere più lingue in una, per essere comprensibile da più popoli. Dal 1000 al 1800 circa, per capirsi nei porti del Mediterraneo, si era già sviluppato il sabir, una lingua franca che comprendeva lingue italiane (soprattutto veneto, ligure e siciliano), sardo, catalano, occitano, greco e turco.

Questa lingua “dei porti” è la lingua in cui sono scritte le nove canzoni di “Mediterranima”, disco del polistrumentista Stefano Saletti che affida le voci dei brani a diverse cantanti folk, tra cui Eleonora Bordonaro che già abbiamo incontrato su Music Map: lei ha realizzato un disco in un'altra lingua da riscoprire, il galloitalico (https://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=10769). La passione per le lingue meno frequentate è condivisa!

Molto più che con l'esperanto, almeno alle mie orecchie, funziona quella sensazione che mi aspettavo di provare: con il sabir provi quell'affascinante impressione di afferrare subito le parole italiane e di intuire anche quelle straniere. Questo fa avvicinare lingue e persone, e del resto vicini lo siamo nel Mediterraneo. Se guardi la cartina del mare “storta”, ad esempio con l'Ovest in alto e l'Est in basso, ci si rende conto a colpo d'occhio che questo mare sembra una pozzanghera, chiusa tra Gibilterra e il Bosforo. A questa suggestione linguistica ecumenica corrisponde l'ecumenismo musicale.

Stefano Saletti ha scritto quasi tutti i brani da solo, tranne alcuni con Yasemin Sannino, che canta in “O Pireas”, “Y suzare la noché” e “Al di là del cielo e della terra”. Saletti suona bouzouki, oud, saz baglama, tzouras, chitarra battente e chitarre “normali”, saltzouki e percussioni. Giovanni Lo Cascio suona batteria, daolla, riq, bodhran, davoul, canjira, daf e tamburello. Poi compaiono fiati dal suono parecchio suggestivo come il ney e il duduk, e cordofoni come il kemenche. Una fisarmonica corre rapidissima in “Mujalasa”. Tutti questi strumenti (anche la ciaramella) si avvicendano nei nove brani, mescolandosi in uno spirito interculturale.

La titletrack è affidata proprio a Bordonaro, mentre Ginevra Di Marco canta “Resistar”, il cui testo è tratto dalla Divina Commedia, e si riconosce anche quando cantato in sabir: “Fasir no sta a vivir da bestia, ma per seguir virtute e conoscì”. A conferma, più avanti nel brano vengono cantati i versi in italiano: “Fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza”.

Particolarmente ricca l'orchestrazione de “Il filo infinito”, con queste armonizzazioni dei fiati e degli strumenti a corda. “Saltarello de lu core” mette da parte il sabir per cantare in siciliano. “Al di là del cielo e della terra” chiude l'album con un sound particolarmente vellutato, che ci congeda nel bel mezzo di un sogno.

Questo è un disco gustosissimo per gli amanti delle suggestioni folk, ma in generale anche per chi ama le musiche che si contaminano volentieri. Il gioco riesce abbastanza facile con i confini del Mediterraneo: diversi altri artisti hanno dimostrato l'equazione (ad esempio La Cantiga de La Serena), ma le soluzioni sono ancora così tante, data la ricchezza di strumenti e possibili incastri, che il dialogo tra coste può continuare ancora con esiti entusiasmanti! (Gilberto Ongaro)