BARDOMAGNO "Valvassori del BardFolk"
(2025 )
L'ultimo album dei BardoMagno finiva parodiando “Meno male che Silvio c'è”, trasformata in un elogio a Federico II: “Federico II c'è”. Ora mi sento proprio di parafrasare: meno male che i BardoMagno ci sono!
In forma più che mai, col nuovo disco “Valvassori del BardFolk”, i bardi legati alla community Feudalesimo e Libertà sono tornati in locanda, per diventare sempre di più una band di culto. Se nel precedente disco il genere di base era molto più alternato a divagazioni pop e addirittura reggaeton (“Cerveza y latifondo”) a seconda dell'argomento del testo, questa volta le divagazioni sono meno, in pratica solo una: “Clero Mania Dance” è scritta come un ballo di gruppo, precisamente come “La Colita”, in cui al posto delle donne che fanno “Ay ay” e degli uomini che rispondono “Asì asì”, vengono nominati tutti gli ordini monastici: cistercensi, domenicani ecc. Non a caso, il brano è definito “Latino Domenicano”.
Per il resto, i BardoMagno hanno deciso di restare di più nella loro vocazione folk metal (che gioia!), coi loro cori epici e i testi in italiano trecentesco che alterna evocazioni storicamente accurate a battute al fulmicotone (sono talmente tante che non si colgono tutte al primo colpo!). I millennials saranno ben felici di riconoscere numerosi meme ripresi tra le parole, e delle references che forse solo noi ricordiamo (come i capelli di Fantaghirò).
Lo slittamento semantico è eccezionale in “Lotta al Patriarcato”. In questi tempi dove non facciamo altro che schierarci o contro il patriarcato (e ci mancherebbe, cribbio) o al contrario qualcuno nega il problema e fa la vittima (i maschi fragili impauriti), i BardoMagno che fanno? Spostano più in là la narrazione: loro lottano contro il Patriarcato... di Costantinopoli! Si riferiscono alla Quarta Crociata, e su un tempo veloce il testo prende in prestito gli slogan più famosi delle femministe, non per smontarli, bensì per dargli un altro significato, consono al racconto storico: “Tremate tremate, che sono tornate a Bisanzio le quarte crociate (…) Lutero è mio e lo gestisco io (…) deprederemo il soffitto di cristallo, per un cristianesimo intersezional”. Qui siamo ai livelli di calembour di “Gimmi I.” e di “Cassonetto differenziato per il frutto del peccato” di Elio e Le Storie Tese. Si vola altissimi!
Il disco è ricco di inni, praticamente pensati per essere cantati in coro ai concerti. La cornamusa apre “Italienzug”, dove si affrontano gli attriti tra Teutonici e Italiani, tra un reddito di “sudditanza” e i tedeschi che scendono in “calzini e Birkenstock”. Ci sono poi le canzoni dedicate a personaggi noti: “Marco Polo”, con il tema principale su scala cinese, che torna dalla Cina a Venezia per aprire un all you can eat; “Giovanna Pulzella”, che ovviamente è Giovanna D'Arco, che converte i pagani a suon di “MAZZATE, MAZZATE, MAZZATE NEL NOME DI DIO” (che ritornello prodigioso). Anche se come sappiamo, finirà al rogo, quindi il finale si trasforma in “VAMPATE, VAMPATE, VAMPATE NEL NOME DI DIO”. Non ho capito perché nel finale la tastiera cita “Light my fire” dei Doors, ma suona sempre bene. Aspetta... ah, ho capito... Chapeau.
Altra reference per la generazione Y: “Indovina l'Eresia” è il racconto di un gioco da tavola, che si rifà a “Indovina Chi?”. Solo che la tavola è quella della tortura. Quindi attenzione se un parente “si professa manicheo”, perché “ti verrà un inquisitore più possente di Don Matteo”! Tra le varie possibilità di questo gioco (pardon, “giuoco”), c'è anche quella di mettere la Diavolina a Giordano Bruno.
I fan del Signore Degli Anelli sbaveranno di fronte al titolo “Terre D'Arda”. Peccato che la canzone parli del traffico di Fiorenzuola D'Arda. È tutto così il disco! È un creare e disattendere le aspettative, nella migliore della tradizione boccacesca (la novella di Andreuccio Da Perugia è tutta scritta così: prima ti porta a pensare che accadrà una certa cosa, e poi ne accade tutt'altra).
Un clavicembalo in 6/8 accompagna “Rolando lo Scureggione”, che a quanto pare è un personaggio veramente esistito, qui interpretato con due fugaci battute dall'ospite Valerio Lundini. Anche in questo disco c'è una parodia: “Notte prima degli esami di storia”, e non poteva non esserci Lorenzo Baglioni, che ha dedicato ben due dischi alle materie scolastiche, “Bella Prof!” e “Ripassongs”. Sia Baglioni che Valerio Storch, frontman dei BardoMagno, cantano imitando la voce di Venditti, fatta di naso e di "A" gigantesche.
“Chiedo Scudo” esce per un attimo dall'ambientazione medievale: è un omaggio al compianto Luca Giurato e ai suoi noti strafalcioni. Per l'occasione diventa Duca Giurato, e grazie a questa canzone posso notare due cose. La prima: si capisce che Valerio Storch ha una passione per l'invenzione linguistica, non per forza in chiave trecentesca – bardica; l'importante è manipolare il linguaggio. La seconda: siccome qui sono sollevato dal dover capire cosa sta dicendo, posso concentrarmi su altro, notando quanto diamine è bravo a cantare! Che razza di voce ha!
Il disco termina con la titletrack, che è un'autocelebrazione: “Lode e gloria per la musica trobadorica / ogne villaggio si prostrerà ai Valvassori del Bardfolk”. Se li sentissero, i Korpiklaani li saluterebbero dalla Finlandia con affetto. Che altro dire. Una realtà musicale di questo tipo mancava in Italia. E a quanto pare il filone tematico non si è ancora fortunatamente esaurito. Ci sono così tante perle da riscoprire attraverso la risata e la satira, per illuminare quei secoli per niente bui. Lunga vita al BardFolk! (Gilberto Ongaro)