B.I.T. DUO (DANIELLE DI MAJO & MANUELA PASQUI) "R-esistenze"
(2025 )
Da quello che si può dedurre dalla presentazione online del duo, B.I.T. dovrebbe essere l’acronimo di “Back In Time”… quindi “indietro nel tempo”, dove le due musiciste di Roma – Danielle Di Majo (sassofoni, composizione e arrangiamenti) e Manuela Pasqui (pianoforte, composizione e arrangiamenti) – portano in viaggio l’immaginazione del pubblico.
Si viaggia per strade del passato, per poter conservare e portare avanti l’eredità di lotta e cultura che le grandi personalità della storia ci hanno lasciato.
Entrambe artiste con un’elevata preparazione accademica nell’ambito della musica classica e jazz e con carriere musicali ricche di concerti, concorsi, premi e collaborazioni, Manuela e Danielle condividono gli obiettivi artistici e la “ricerca musicale” dal 2019, esibendosi in spettacoli dal vivo e dando finora alla luce – in collaborazione con la casa discografica Filibusta Records – quattro album: “Come Again” (2021), “Equilibrismi” (2023), “Puccini, My Love” (2024) e il presente “Resistenze”, uscito in occasione del 25 Aprile 2025.
Riguardo a “R-esistenze”, le autrici spiegano: “Siamo state ispirate dalle personalità che, tra il 1920 e il 1950, hanno lasciato un segno indelebile nella storia del nostro Paese attraverso l’azione politica, l’attivismo e la poesia; sono scrittrici, poetesse e poeti, come Lalla Romano, Miriam Mafai, Joyce Lussu, Dacia Maraini o Montale, ma anche persone semplici dal forte senso civico”.
Fin dalla “R” rovesciata presente sulla copertina del disco, si nota l’ammirazione delle due artiste nei confronti dello spirito libero e anticonformista che ha caratterizzato le esistenze dei protagonisti della Resistenza… Resistenza che non si limita alla lotta antifascista della Seconda Guerra Mondiale, ma il cui significato viene esteso e generalizzato come esempio di vita per ognuno.
La libertà e l’anticonformismo si manifestano anche a livello compositivo. Le autrici s’ispirano alle poesie e ai racconti scritti o vissuti dalle persone alle cui R-esistenze viene dedicato il disco, trasponendo le immagini poetiche e le narrazioni “in melodie, in emozioni sonore, liquide” raccolte in composizioni “caratterizzate da temi evocativi e lirici, da strutture molto aperte e senza schemi”.
Infatti, il carattere “liquido” e privo di schemi melodici preimpostati viene fortemente percepito da chi ascolta, sprigionando la fantasia e al contempo creando anche un certo senso di smarrimento utile per esplorare nuove strade... come perdersi per poi ritrovarsi migliori di prima. D’altronde, è una caratteristica della musica da camera e sinfonica moderna (dell’ultimo secolo) la tendenza a travolgere il senso di sicurezza e probabilmente questo è uno dei motivi per cui tale musica è facilmente abbinabile al jazz.
Attraverso improvvisazioni camerali e jazzistiche, i sassofoni di Danielle di Majo e il pianoforte di Manuela Pasqui aprono nuovi orizzonti su diverse importanti tematiche storiche e culturali. Fin dall’inizio dell’album viene evocata l’atmosfera della Seconda Guerra Mondiale, con il brano “L’identità perduta”, creato da Manuela Pasqui. Gli stimoli sonori presenti in questa composizione sono piuttosto espliciti, poiché le autrici hanno attinto alle registrazioni dal vivo dei suoni della guerra datate agosto 1944 e messe a disposizione dall’Archivio Storico di Firenze.
Sul finale del brano si sente un coro popolare accompagnato dalla banda militare, che intona la prima strofa dell’Inno di Mameli due anni prima che fosse diventato l’Inno Nazionale dell’Italia. Il significato del titolo è chiaro: le due artiste intendono scuotere le coscienze puntando il dito sulla facilità con cui sono state dimenticate l’identità storica del popolo italiano e la libertà conquistata con il sangue degli eroi e delle eroine della Resistenza.
Un omaggio alle donne che hanno sacrificato le proprie vite nella lotta partigiana è anche il secondo brano presente sull’album, intitolato “Brigata Menotti” e scritto sempre da M. Pasqui. Questo brano è dedicato alle donne facenti parte della brigata partigiana “Ciro Menotti” (1944-1945), ma – come spiegato dalle autrici – non solo a loro: “In questo brano abbiamo voluto omaggiare le donne che, nel ventennio e negli anni successivi, hanno combattuto molti nemici: i tedeschi, i fascisti e, più forti di tutti, i pregiudizi patriarcali, che rendevano difficile a molti poter accettare il pensiero di una donna autodeterminante e pronta ad agire, anche con la violenza, pur di difendere ciò in cui credeva”.
Infatti, la musica è ricca di accenti forti e di passaggi – soprattutto nella parte di pianoforte – che richiamano la determinatezza e il camminare deciso di chi sa quello che vuole. I passi determinati delle “donne che camminano svelte e dritte, che prendono il tram e l’autobus per andare al lavoro” vengono evocati anche nella poesia “La luna si è rotta” scritta dalla poetessa Joyce Lussu, pseudonimo letterario di Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti, al testo del quale è ispirata la musica del brano “Cinque pezzi di luna” creato da Manuela Pasqui.
“Questi pensieri delle donne liberate sono una cosa complicata/ e la luna ch’è tonda e semplice ci si trova male”, scriveva Joyce Lussu nella sua poesia. La complessità femminile che travolge il rassicurante equilibrio classico viene appassionatamente espressa nel brano musicale, attraverso la struttura melodica libera e i ritmi veloci, e ciò è evidente soprattutto nel finale marcato, quasi brusco, realizzato con il sassofono… come se si volesse riprodurre musicalmente la suggestiva parola “trac” presente nel testo poetico.
Un’altra memorabile figura femminile omaggiata dalle due artiste è Miriam Mafai (all’anagrafe Maria Mafai), giornalista, scrittrice, attivista e politica italiana di sinistra, partecipante alla Resistenza antifascista a Roma nel 1944. Riferendosi al discorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2012, quando Miriam Mafai venne a mancare, Manuela Pasqui e Danielle Di Majo la ricordano come una “forte personalità” con un “temperamento morale alieno da convenzionalismi”, come una “scrittrice strettamente legata al movimento per l’emancipazione delle donne” e soprattutto come persona con una “umanità appassionata, affettuosa e aperta”.
Tutte queste caratteristiche vengono trasformate in una musica anticonformista, sognante e delicata nel terzo brano dell’album, scritto da M. Pasqui e intitolato “Miriam”. L’idea dell’anticonformismo viene evidenziata attraverso degli audaci passaggi di virtuosità jazz (soprattutto del sassofono) anche nel brano “Poisson d’or”, creato sempre da Manuela Pasqui e che s’ispira alla simbologia antica del pesce d’oro… “un’immagine carica di significati, spesso associata alla protesta e alla rivendicazione di indipendenza ed autonomia; in Giappone è addirittura l’emblema dell’anticonformismo, di chi è capace di superare ogni avversità. A questa immagine ci siamo volute riferire ricordando il nostro popolo di temerari e tenaci combattenti, ma anche di generosi e altruisti cittadini, capaci di trasformare e rigenerarsi nelle più ardue difficoltà”, spiegano le artiste.
Due brani che traducono in musica due poesie di Eugenio Montale alludono invece al confinamento e alla ripetitività dell’insofferente vita umana, all’impossibilità di accedere all’oltre e al fatto che la felicità sia uno stato immaginario, tanto ambito quanto fuggente, che mai si concretizza in una realtà durevole… idea probabilmente valida sia nel caso individuale, della singola persona, che per quanto riguarda la storia delle società umane. Si tratta del brano “Meriggiare”, creato da Manuela Pasqui e ispirato alla poesia “Meriggiare pallido e assorto” di Montale, e del brano “Sul fil di lama”, creato da Danielle Di Majo e ispirato alla poesia “Felicità raggiunta” dello stesso grande poeta ligure.
Nel primo, le immagini-chiave sembrano essere quella limitante del “rovente muro d’orto”, all’interno del quale il poeta si trova, e quella liberatoria del “palpitare lontano di scaglie di mare” che non verrà mai raggiunta. Nella musica si nota chiaramente la coerenza con il testo poetico, in quanto la parte iniziale e finale del brano (quelle che richiamano la sensazione del trovarsi all’interno di una muraglia) sono più lente e rassegnate, mentre la parte centrale (quella che fa immaginare le scaglie di mare osservate in lontananza) è più veloce e audace, con tanto di arpeggi al pianoforte e di suoni prolungati e nostalgici, come dei lamenti di dolore, al sassofono.
“Sul fil di lama” – come spiegato dalle artiste – ha alla base una serie di accordi di pianoforte relativamente ripetitivi, che variano solo di poco durante lo svolgimento del brano… È come “una specie di mantra che si ripete monotona”, e “la melodia che si ripete rappresenta l’essere umano che cammina come su un fil di lama; l’immagine con la quale si dà conto dell’instabile equilibrio proprio di chi riesce a pregustare un barlume di felicità è un’immagine di latente pericolo”. Come “Meriggiare”, anche questo brano poetico fa riflettere sul destino di chi è sempre in bilico tra il rischio che la libertà presuppone e la monotona sensazione di sicurezza verso la quale l’istinto di conservazione conduce.
Le anime umane sono inseparabili dalle anime dei luoghi e questo indistruttibile legame si sente in due particolari brani, entrambi dedicati alla Sicilia. Uno s’intitola “Bagheria” ed evoca attraverso musiche dagli accenti meridionali (quasi danzanti) il paesaggio e l’atmosfera caratteristiche di Bagheria, comune d’origine della compositrice del brano, Danielle Di Majo. Per crearlo, Danielle si è ispirata all’omonimo romanzo scritto nel 1993 da Dacia Maraini, nel quale la scrittrice “tocca argomenti interessanti inerenti alla Sicilia della sua adolescenza: la storia della terra, l’abusivismo selvaggio, il sessismo, la complessità dei rapporti…”.
L’altro brano, invece, è intitolato “Lipari” ed è frutto del lavoro compositivo congiunto delle due autrici. Per mezzo di effetti acustici interessanti e misteriosi (percussioni la cui fonte è difficile da individuare per mezzo del solo canale uditivo), che si aggiungono alle melodie del sassofono e del pianoforte, le artiste del B.I.T. Duo evocano nella musica di questo brano gli stati d’animo provati dagli eroi Emilio Lussu, Carlo Rosselli e Francesco Fausto Nitti nella notte tra il 27 e il 28 luglio 1929, durante la loro fuga dal confino a Lipari.
L’album si conclude con “Luce di mezzanotte”, brano dal carattere visionario firmato da Manuela Pasqui, che fa immergere l’ascoltatore in un’atmosfera riposante, come se di tutto il travaglio individuale e collettivo a cui si è sentito partecipe durante l’ascolto del disco ci fosse rimasto solo un vago e saggio ricordo... Le autrici lo descrivono così: “dopo il buio frastornante delle notti di guerra, una visione notturna di luci, colori boreali che sorprendono e pacificano, portando al cuore una felicità infantile e leggera”.
Tutto sommato, “R-esistenze” è un’opera di grande raffinatezza e sensibilità... Forse non immediatamente fruibile da parte di chiunque, ma con un potere evocativo che apre alla possibilità di confluenza con altre arti – per esempio, lettura scenica (“reading”) delle rispettive poesie durante l’ascolto di “Cinque pezzi di luna”, “Meriggiare” o “Sul fil di lama”, oppure proiezioni cinematografiche a tema avendo come colonna sonora le musiche di “Bagheria”, “Lipari”, “Brigata Menotti” o altre – in modo da rendere il materiale sonoro più concreto e più accessibile.
Mettetevi dunque comodi, “armatevi” di gratitudine per tutte le grandi personalità della storia italiana di inizio Novecento – che, per il nostro bene, comode non sono mai state – e… buon ascolto! (Magda Vasilescu)