recensioni dischi
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UNNADDARE'  "Crivu"
   (2025 )

Come Hiram Salsano cantava in “Tradere”, la tradizione si tramanda tradendola (Salsano è raccontata qui: https://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=10018). Lo diceva anche Adorno: chi cerca di custodire la tradizione cristallizzandola in una forma fissa, la fa morire.

Anche gli Unnaddarè sono di questa opinione, ed esplorano la cultura siciliana e mediterranea antica, facendola incontrare con le sonorità contemporanee. Ecco perché qualcuno li ha definiti “electro world sound from Sicily”. L'esplorazione nel suono tradizionale non prende tutto ma seleziona, sceglie: setaccia.

Uscito per Moonlight Records, l'album “Crivu” (che vuol dire, appunto, “setaccio”) è aperto dal racconto di un pesciolino, che nella prima canzone “Salendo in superficie” vuole risalire sulla terra per non farsi catturare. Ma fuori com'è? “Fora chiovi” (fuori piove) titola il secondo brano, dove la voce femminile è seguita da un violoncello, vivaci percussioni e chitarra acustica. Il ritmo si spezza con “L'autunnu jetta vuci”, dove l'arco intona una melodia malinconica. La voce che canta e parla è maschile, si alternano in due a cantare. Il racconto è contornato da note di glockenspiel.

Per “Terrarussa” ecco un fiato che proviene da lontano: non ne sono sicuro, ma dovrebbe essere un pungi, e lo strumento a corda dovrebbe essere un oud (oggi non sono molto lucido, perdonatemi, le ferie si avvicinano anche per me). Qui emerge l'aspetto world della ricerca musicale degli Unnaddarè, che escono dai confini dell'isola. Il darbuka invece dà ritmo a “Taccu iautu”, scritta sulla scala minore armonica, tanto frequente nella Trinacria.

Poi arrivano i Metallica. Scherzo, è solo che “Signuruzzu chiuviti chiuviti” inizia proprio con l'arpeggio acustico in Mi minore di “Nothing else matters”, ma poi cambia, trasportandoci in un pezzo drammatico (il tempo in 6/8 fa sempre il suo grande effetto), nel quale la voce della donna arriva a spezzarsi. “A mo casa senza mura” ci fa entrare in un'abitazione (“Ogni volta ca tu trasi [entri] in ta casa”) sostenuta da un solo accordo, dove anche il cantante resta monotono sulla nota fondamentale, cantando velocemente e nasalizzando il timbro.

“Riturnari a jucari” ospita lo strumento che non poteva mancare: il marranzano, detto anche scacciapensieri. “Unni sii” (dove sei) è uno dei brani più intimi ed emotivi del disco, e “Tramonto isolano” conclude il disco con l'oud, mentre la voce narrante racconta del rito della merenda.

Unnaddarè significa “ovunque”, e mantenendo la Sicilia come perno centrale del viaggio, questo disco ci fa spaziare in tutto il mare, approdando a diverse coste, setacciando diverse spiagge e restituendoci un'esperienza suggestiva. (Gilberto Ongaro)