recensioni dischi
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SLEEP TOKEN  "Even in Arcadia"
   (2025 )

I britannici Sleep Token offrono la loro proposta musicale sfruttando le matrici di quello che viene, oggi, individuato tra alternative metal, post rock, pop, progressive, elettronica, ma anche qualcosa di musica nera.

In effetti, tante band ma anche parecchi artisti solisti si lasciano volentieri intaccare da altre forme espressive musicali, magari sfruttando al meglio le opportunità che soprattutto l’elettronica offre. Oppure in senso ritmico, quando le tendenze sono palesemente legate all’hip hop, a sua volta rivisto o corretto.

Altra caratteristica che intacca l’immaginario del pubblico più giovane è l’uso della maschera. È faticosamente calcolabile il successo di gruppi come Slipknot o Ghost, che hanno ripreso vecchi stilemi presenti in maniera marcata fin dagli anni ‘80 nel black metal o nei goliardici Gwar. Oppure, andando ancora più indietro nel tempo, nei Kiss o Alice Cooper. Una modalità che andava (va) a smontare l’identità dell’interprete per poter “staccarsi” in qualche modo dal messaggio musicale tramite degli alter ego.

Infine l’uso, che per comodità definisco “creativo”, delle possibilità che oggi offre l’universo Internet ed in particolare i social. Nel caso degli Sleep Token, il contributo che han dato alla costruzione del personaggio con cui si identifica il cantante Vessel, per altro molto bravo, tramite giochi interattivi con i fans.

Le musiche in questo disco sono potenti, come del resto riescono ancora a definirsi tali quando di mezzo c’è il “sacro trittico” strumentale del rock, ossia chitarra, basso e batteria. Poi l’uso dell’auto-tune, che modifica e spesso distorge la maschera di Vessel, rendendola ora malinconica, quando urge l’incedere di qualche ballata caratterizzata da un pianoforte dal sapore goth (per esempio su ‘Damocles’), ora minacciosa e sinistra quando la potenza dell’asseto più metal lo richiede, come in ‘Emergence’.

Denoto poi come in molte band (e gli Sleep Tolken non sono da meno) il fascino per tematiche dal sottile sfondo religioso è presente, per quel manto di mistero che intorbidisce le acque durante l’approccio di brani come, in questo caso, ‘Gethsemane’.

Se si pensa quanto questo abbia influito al successo dei Ghost, per esempio, vien da chiedersi se non ci sia altro da trattare a livello di liriche al di fuori dei soliti archetipi come il viaggio o la religione. È vero che sono parte indissolubile dell’uomo, ma spesso diventano causa-effetto di molti stereotipi.

Nel caso di questa band, se ci si ferma all’estetica e all’impatto di questi suoni, il gioco emotivo riesce. Se poi il tutto si manifesta anche dal vivo, il cerchio si chiude e la mente del fan affamato di emozioni si imprime. (Mauro Furlan)